Per Susanna Beltrami il monologo di Bernard-Marie Koltès, La notte poco prima della foresta è «un sogno, un testamento spirituale, una liberazione, un mantra». Così spiega la coreografa in un incontro presso DanceHaus, in occasione di Cantiere Koltès, il laboratorio di Stratagemmi, durante il quale abbiamo assistito a una prova generale di Ballade – Preghiera profana, qualche giorno prima dell’anteprima nazionale al Teatro Ponchielli di Cremona.
Quattrodici danzatori e un vocalist, tutti uomini, sempre sul palco, senza un attimo di tregua in tutti e tre i quadri che compongono il lavoro: sono questi i protagonisti della ‘lettura’ di Beltrami. Li vediamo danzare movimenti che spezzano le linee, che si contorcono in assoli, duetti e floorwork di grande intensità e pathos, dove la danza lascia spazio a momenti estetici ed estetizzanti. Ecco infatti che nel primo atto i giovanissimi interpreti danzano a semicerchio, escludendo un danzatore che resta di spalle, mentre gli altri eseguono dei piccoli bounces di profilo con le braccia squadrate ora a L ora a V, di tre quarti; un pattern coreografico, che è quasi un fil rouge del lavoro, tanto che lo ritroviamo anche nel secondo “quadro” dell’opera, con gli interpreti che però, ora, indossano guanti da vamp, occupando l’intero spazio scenico.
Due passaggi simbolo che restituiscono bene il clima dell’opera. Mentre li si osserva, in tutta la loro potenza espressiva, viene in mente che con una musica e una coreografia da voguing, potrebbero benissimo essere parte di un videoclip di Madonna. Beltrami, del resto, ha ormai abituato il suo pubblico a una danza contemporanea che potrebbe essere definita come physical theatre: il movimento rimane predominante, ma la regia è tutta teatrale, non semplicemente coreografica.
Lo si può percepire anche dalla musica dove le composizioni realizzate ad hoc da Cesare Picco, alternano musica contemporanea, dissonanze, sound elettronico e il tappeto sonoro proveniente da oggetti di scena, come le catene sbattute dai danzatori o lo scroscio d’acqua generato da grandi spugne intrise e strizzate in alcuni catini.
Nel vorticare di corpi ed emozioni, il testo di Koltès fa capolino attraverso alcuni brani letti da Claudio Santarelli “Delì”, drammaturgo e vocalist: sono passi del monologo originale, pronunciati ora in italiano ora in francese. Un aiuto importante per lo spettatore per orientarsi nella coreografia e ritrovare i passaggi tematici del testo. Soprattutto nel terzo atto, quando la danza si fa letteralmente “mostruosa”, attraverso la comparsa di una figura antropomorfa – forse l’incarnazione stessa della foresta – che indossa una maschera e un costume di corteccia. Mostruosa come il male che si è portato via l’autore Koltès; mostruosa come gli specchi esagonali che mostrano quello che non si vuole vedere; mostruosa come le discriminazioni che l’autore ha subito nella sua vita; mostruosa, perché i generi biologici non esistono più, e tutto è tutto, come uno Yin Yang-arcobaleno. Mostruosa come l’incomprensione, l’esclusione e la volontà di dimenticanza che la Francia postcoloniale nutre verso le sue ex colonie. O meglio per i suoi ex coloni, le persone, che in Europa vivono ai margini, “poco prima della foresta”. “Pioverà”, si ripete come un mantra a più riprese nello spettacolo di Beltrami. Vuol dire che ci sarà una purificazione, una catarsi da tragedia greca. Almeno si spera.
Domenico Giuseppe Muscianisi
Ballade – Preghiera profana
di Susanna Beltrami
con Compagnia Susanna Beltrami
con la partecipazione straordinaria di Cesare Picco
musiche originali di Cesare Picco
parole e voce di Delì
suono di Daniele Valentini
luci di Matteo Bittante
Produzione Associazione Contart, Dancehauspiù / MilanOltre con il sostegno di NEXT – laboratorio delle idee 2018 e Teatro Ponchielli