di Claudio Magris
regia di Antonio Calenda
visto al Piccolo Teatro di Milano_ 23-28 Ottobre 2012

Una donna, una casa di riposo, un misterioso Presidente, un amore lontano. Sono questi gli elementi di cui Claudio Magris si serve per evocare uno dei miti più celebri dell’antichità, il doloroso destino di Orfeo. In Lei dunque capirà – scritto per la regia di Antonio Calenda e l’interpretazione di Daniela Giovannetti – Euridice racconta la sua storia a un onnipotente e invisibile Presidente.
Lo spettacolo – a cui Magris e la compagnia lavorano dal 2006 – approda al Piccolo dopo il debutto presso lo stabile del Friuli Venezia Giulia: l’ambiente raccolto del Teatro Studio ben si adatta all’intimità della confessione che la donna sceglie di condividere con il pubblico. Il testo, una raffinata e originale riscrittura, offre un ribaltamento prospettico della vulgata mitica: è Euridice a diventare il punto di accesso privilegiato – e volutamente soggettivo – della vicenda.

Non è impresa semplice portare con successo sulle scene contemporanee il mito antico; Magris propone una ‘discesa’ nei più personali dettagli biografici della protagonista e lascia emergere con chiarezza la portata universale della vicenda. La Casa di riposo dove la donna viene segregata dopo un’inguaribile infezione rappresenta certo uno dei tanti inferni del mondo di oggi: eppure è proprio nell’ambientazione che l’autore si mantiene più legato al modello mitico. Magris mette in scena un Ade di ombre e “di morti privi di sensi”  – come Achille racconta ad Odisseo nell’Iliade – dove il buio prevale persino sul dolore: non è un inferno dantesco a imprigionare Euridice, né un paradiso cristiano dove tutto è luce, ma un luogo che molto assomiglia alla vita. Le anime si incontrano, si salutano, talvolta persino instaurano relazioni; ma è la perdita della speranza – fonte prima di energia vitale – a precipitarle in uno stato di stanchezza e depressione. La perenne spossatezza, che allo stesso tempo affligge e culla, è rappresentata dall’oscurità: “a parte le luci, non è che ci sia poi una gran differenza tra la Casa e là fuori, come si crede o almeno come la Casa reclamizza, nelle sue filiali e nei suoi uffici di rappresentanza, nelle sue agenzie così numerose”, nota Magris. In questa prospettiva ha lavorato Pier Paolo Bisleri, scenografo della pièce: l’unica struttura in scena è un portone – limen ambiguo che non lascia capire se l’inferno si trovi al di là o al di qua – mentre i continui black-out e il suono dello scorrere dell’acqua ricordano suggestivamente i sotterranei condotti di una fognatura.

Il narrare di Euridice sembra riacquistare una musicalità arcaica sulle labbra di Daniela Giovannetti, che con Calenda lavora fin dagli esordi. La sua recitazione sembra quasi voler far risuonare l’eco delle parole: il risultato – sebbene rischi a tratti di rendere il testo poco comprensibile – è straniante, quasi surreale. Non a caso Antonio Calenda parla della volontà di dare una patina impersonale, quasi pinteriana alle parole della protagonista: eppure il racconto di questa Euridice senza tempo arriva allo spettatore con immediatezza, suscitando profonda empatia.

Camilla Lietti