Tentare di mettere insieme indicazioni ed esecuzione, rimanere in silenzio e ascoltare il rumore della carta sulle dita. Osservare gli altri componenti del gruppo per capire come procedere nella realizzazione del tassello che a poco a poco prende forma a partire dai foglietti sparsi sul tavolo. Assemblare tutte queste piccole creazioni realizzate da ciascuno dei partecipanti alla performance-installazione.
Queste sono le istruzioni da seguire quando ci si ritrova nella “stanza degli Origami”, creata da Elisabetta Consonni nel corso del suo progetto site-specific, ospitato a Palazzo Crivelli e concepito in occasione della sua residenza artistica a Pergine.
Soft skills but strong nasce dalla volontà di creare un’occasione per raccogliere e condividere saperi, abilità e differenti modalità di percezione della realtà altrimenti dimenticati e sottovalutati. Allo spettatore viene chiesto di partecipare attivamente e di mettersi in gioco per esplorare le proprie potenzialità e i propri limiti, sperimentando le pratiche illustrate nel corso della performance ed entrando in relazione con gli altri durante il percorso.
Stanza dopo stanza, Elisabetta Consonni guida i partecipanti con semplici istruzioni fornite a voce tramite un altoparlante: a delinearsi sarà un tragitto all’interno delle stanze di Palazzo Crivelli, volto a cercare forme nuove di espressione e grammatiche differenti, perfino un utilizzo più esteso e articolato dei nostri cinque sensi. Questo percorso prende avvio in seguito a un laboratorio con persone non udenti e si declina secondo numerose possibilità: all’interno di una delle stanze uno schermo mostra un filmato in un cui un uomo (Walter Rossato) comunica il proprio messaggio in lingua dei segni. Allo spettatore viene chiesto comprendere quanto espresso, ricorrendo al dizionario italiano-LIS posto sul leggio di fronte al video. L’operazione suggerita risulta ovviamente irrealizzabile: si fa esperienza della propria impotenza e dell’incapacità di interpretare correttamente i segni. Il senso di frustrazione spinge a riflettere su quanto sia fondamentale trovare, nella realtà di cui facciamo parte, anche un linguaggio non verbale e tuttavia perfettamente comprensibile ai suoi parlanti. La stanza precedente preavverte i partecipanti: «Quanto ti sforzi di capire una lingua che non conosci?», «Abbiamo concesso troppo potere al linguaggio» sono alcune delle frasi scritte su un nastro di carta posto sul pavimento.
Anche nella stanza degli Origami è necessario mettersi alla prova: lo spettatore trova sui tavoli una serie di foglietti di carta e le indicazioni su come realizzare il proprio tassello, con l’invito ad agganciarlo poi alla scultura assemblata con le creazioni dei partecipanti precedenti. Attraverso la realizzazione di questo spazio, Elisabetta Consonni ci spinge a spostare il punto focale della nostra prospettiva sull’azione, riflettendo sulle possibilità di ampliare le proprie competenze e capacità attraverso la collaborazione e lo scambio di saperi. Questo è evidente proprio nel momento in cui, tentando di realizzare la struttura di carta, risulta fondamentale l’aiuto delle altre persone raccolte intorno al tavolo. La voce dell’artista ci chiede di rimanere in silenzio: quindi, la comunicazione non verbale tra coloro che sono presenti nella stanza è l’unica possibile forma espressiva. Questa fase della performance viene pensata e realizzata da Consonni insieme ad Alessandra Lamio e Alessandro Beber, due artisti di Origami legati al territorio trentino.
La possibilità di ibridazioni tra linguaggi artistici differenti dà concretezza all’intento originario della performance-installazione: la creazione di uno spazio di condivisione. Questo abitare collettivo e partecipato, in dialogo con le stanze del palazzo, trova una forma più concreta nella tenda che occupa un salone barocco nella tappa conclusiva del percorso di Soft skills but strong. Gli spettatori sono invitati a entrare al suo interno e sedersi per terminare insieme, in una dimensione collettiva e di condivisione, ciò che avevano iniziato come individui singoli e indipendenti.
Il finale della performance ci invita così ad allargare l’orizzonte, ad altre pratiche e ad altri territori: con il tempo questa struttura di tela, decorata e ricamata da altre persone che in altri contesti hanno condiviso e donato i loro saperi, connette Soft skills but strong a Special Handling, il progetto nato qualche anno fa nell’ambito della rete Le Alleanze dei corpi a Milano. Non vediamo l’ora che la tenda approdi in nuovi territori e nuove comunità.
Alice Strazzi
foto di copertina: Elisa Vettori
SOFT SKILLS BUT STRONG
ideazione e processo Elisabetta Consonni
in collaborazione con Albinova, Ens e Alessandra e Alessandro Beber
riprese video Giulia Lenzi
editing Elisabetta Consonni
suono performance Neunau
creative producer Chiara Panceri /cultureandprojects
contenuto creato nell’ambito dell’osservatorio critico di Pergine Festival 2022