«Alleanza» è la parola-talismano che lacasadargilla (Lisa Ferlazzo Natoli, Alessandro Ferroni, Alice Palazzi, Maddalena Parise) scelse come augurio per il futuro, quando – in occasione dei Premi Ubu 2022 –  la sua affollata comunità di artisti ritirava i numerosi riconoscimenti ottenuti con Il ministero della solitudine e Anatomia di un suicidio.
Si poneva così l’accento sulla dimensione collaborativa, da sempre centrale per la compagnia, che negli anni si è consolidata attraverso lunghi processi di studio, scavo, continui riattraversamenti: un “rilascio lento” che affiora negli spettacoli sostenuti dai grandi teatri, ma affonda le radici in una rete di progetti che, sebbene più marginali per risorse e visibilità, gettano le fondamenta per la costruzione di una grammatica condivisa. Per comprendere la portata di quest’attitudine, basta guardare a IF/Invasioni (dal) Futuro, il festival che dal 2014 esplora le scritture e i temi della fantascienza. Nato lontano dai riflettori istituzionali, il dispositivo che anima l’estate romana è cresciuto come un sistema di vasi comunicanti: degli spazi ufficiali assorbe le pratiche e coltiva gli incontri che possono qui maturare senza la pressione della produttività, mentre le sperimentazioni avviate in questo contesto – artistiche ma anche relazionali – tornano a nutrire gli allestimenti più ambiziosi. È una dinamica che configura IF non come attività collaterale, ma come luogo di scambio e di produzione autonoma, capace di restituire un’immagine nitida dell’identità della compagnia. Il sottotitolo scelto per l’edizione 2025, Legacy – eredità, lascito – esplicita la vocazione di un archivio vivente, dove rielaborare esperienze pregresse (gli spettacoli Blade Runner del 2019, Klara e il sole del 2024) e inaugurare altre traiettorie.

foto: Simone Galli

Dentro questo intreccio di storie, trasformazioni e visioni future si colloca La svastica sul sole, il nuovo spettacolo multimediale tratto dal romanzo di Philip K. Dick e adattato da Roberto Scarpetti. Scandendo quasi due ore di rappresentazione, una sequenza si ripete come un ritornello ipnotico: tre monete tintinnano sul tavolo, una voce ne ricava un responso.       
È la consultazione dell’I Ching, classico della filosofia cinese, che da millenni viene usato a scopo divinatorio per interrogare il “Momento”, la situazione corrente personale o universale.
Non si tratta di una semplice suggestione erudita. Dick adoperò l’antico manuale come una sorta di co-autore: di fronte a ogni bivio narrativo si pone una domanda e si ottiene una risposta da interpretare. Non solo: elevando il meccanismo al quadrato, anche molti dei personaggi – tra cui lo scrittore Abendsen, un chiaro alter ego letterario – interrogano l’I Ching per prendere decisioni e determinare il proprio destino.
La presenza così pervasiva dell’oracolo agisce come un radar sul reale, captando ipotesi di mondi e visioni ancora da decifrare, ma si innesta su un passato alternativo – gli anni Sessanta – in cui le potenze dell’Asse hanno vinto la Seconda guerra mondiale e si sono spartite gli Stati Uniti. La tensione tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere produce una frattura nella linea del tempo, che trova piena risonanza nella forma del melologo: la recitazione a leggio è compenetrata da una precisa architettura musicale e visiva con cui la regia di Ferlazzo Natoli e Ferroni dà vita a un dispositivo pluridimensionale.

foto: Simone Galli

Per restituire l’ucronia dickiana, i video curati da Maddalena Parise costruiscono uno di questi contrappunti drammaturgici: un montaggio che intreccia materiali d’archivio dei totalitarismi con inserti pop – come Der Fuehrer’s Face, cortometraggio satirico dove Walt Disney calava Paperino nell’incubo della Germania nazista. Ne scaturisce un immaginario retrofuturista che, senza mai cadere nella didascalia, dialoga con la partitura musicale, ugualmente all’insegna dell’ibridazione: l’elettronica si alterna a brani della canzone americana tra gli anni venti e cinquanta, eseguiti dal vivo da Veronica Aracri e dal pianoforte di Ivano Guagnelli. Blue Velvet, Raindrops Keep Fallin’ on My Head, Dream a Little Dream of Me, Magic Moments. Ma è l’emersione graduale di Unforgettable a imprimersi con particolare vividezza: si insinua dapprima come traccia strumentale, poi evolve in un duetto fino a trasformarsi in voce amplificata al megafono – quasi un’estensione fisica di quell’autoradio che nel testo fa da sottofondo al viaggio di due amanti. Così, le canzoni non si limitano a fare da intermezzo, ma si intrecciano organicamente alla narrazione, in una forma che richiama il musical. Merito anche della versatilità di Aracri, capace di passare da pieni assolo a un pianissimo rarefatto che accompagna – senza invadere – la parola recitata. La sua voce diventa parte di un ingranaggio più ampio, di un paesaggio sonoro che, agendo come un’unica forma concertata, rivela la cifra distintiva con cui lacasadargilla orienta il lavoro degli attori.

foto: Simone Galli

La coralità, non come semplice affresco, ma come principio costruttivo, si compone grazie all’abilità registica di attingere al serbatoio emotivo e gestuale degli interpreti, trasformando persino intuizioni minime in materia scenica. Assistiamo allora alla partitura fisica intessuta da Anna Mallamaci e Stefano Scialanga, tra sguardi di intesa e danze a due, che si fa spettacolo nello spettacolo, si trasforma autonomamente sul palco e si affina da una replica all’altra. Edoardo Sabato (conosciuto da Ferlazzo Natoli e Ferroni durante una docenza alla scuola del Piccolo Teatro e approdato a IF  già lo scorso anno per Klara e il sole) ipnotizza mentre balla in solitudine davanti allo schermo, tra fasci di luce intermittenti. Un lavorio sotterraneo di costante “accordamento” tra le parti sostiene gli attori dentro una cornice rigorosa, dove possono muoversi senza incrinarne la compattezza: come in Anatomia di un suicidio l’efficacia delle tre protagoniste dipendeva dalla precisione millimetrica dell’intero cast, così ne La svastica sul sole la stessa esattezza strutturale consente al funzionario Tagomi (Silvio Impegnoso), al negoziante Childan (Paolo Minnielli) o ai compagni in affari Frank ed Eddie (Fortunato Leccese e Arianna Gaudio) di catturare l’attenzione senza interrompere il fluire di una drammaturgia collettiva. Le azioni apparentemente secondarie – l’ufficiale interpretato da Flavio Murialdi che legge in poltrona o la muta figura di Alice Palazzi che agita un ventaglio piumato – tracciano binari che acquistano senso sul finale, quando si converge verso una festa a casa di Abendsen. Il suo libro, La locusta non si alzerà più, è stato messo all’indice dal regime nazista poichè immagina un mondo alternativo in cui la Germania ha perso la guerra: un romanzo dentro un romanzo, un’ipotesi dentro un’ipotesi, un vertiginoso cortocircuito. È un gioco di specchi che si traduce visivamente attraverso la scelta di affidare a Lorenzo Frediani sia il ruolo di Abendsen sia quello dello stesso Dick. Nessuno dei due scrittori appare come un demiurgo assoluto. Entrambi si affidano a un responso, di fatto riconoscendo che la propria arte non inventa mondi ex novo, ma li convoca come possibilità parallele. È qui che oracolo e fantascienza si incontrano: nello spazio dell’ambiguità, dove il linguaggio si biforca e il tempo rifiuta di scorrere in linea retta.

foto: Simone Galli

«Se muoverai guerra, distruggerai un grande impero», fu la formulazione oscura che oltre duemila anni fa la Pizia riservò al re Creso, effettivamente protagonista di una rovina storica — non quella dei Persiani, come aveva creduto, ma la propria. Eppure, l’oracolo di Delfi non aveva mentito, custodiva piuttosto un eccesso di chiarezza, offrendo tutte le possibilità insieme. Nella profezia, allora, sopravvive la simultaneità dei nessi che legano la realtà, tuttavia, lo sguardo miope, limitato, dell’essere umano li riconosce solo quando il futuro si è già fatto presente, e poi passato.
«In ogni istante accadono o non accadono milioni di avvenimenti, in ogni istante mille variabili si trasformano in semplici dati di fatto  – avverte fin da subito Frediani nei panni di Dick – Le finzioni si avverano e aprono un viaggio nel tempo che modifica la realtà». È una dichiarazione che sposta l’asse della storia: l’I Ching non anticipa il domani, ma interroga il presente, lasciando al tempo il compito di dare senso.
Il mondo alternativo de La locusta non si alzerà più, per quanto simile al nostro, rimane un’immagine riflessa, fragile, destinata a svanire insieme alla scena. Se ogni possibilità coesiste, e solo il tempo la fissa come destino, allora la verità non è previsione ma rivelazione: resta muta, finché qualcuno non la sa leggere.
In questa prospettiva, il lavoro condotto su La svastica sul sole si dimostra perfetta espressione della pratica e della postura artistica che lacasadargilla ha consolidato negli anni attraverso l’esplorazione della fantascienza: uno sguardo critico che valorizza i testi di partenza, affilandone le contraddizioni e restituendoli come strumenti per provare a decifrare il presente, ad aprire nuovi orizzonti di pensiero.
E allora che il sottotitolo Legacy sia un auspicio per gli spettacoli ospitati nella “cittadella stellare”: un’eredità non solo da custodire, ma da cui ripartire, affinché possa continuare a sedimentarsi, crescere, incontrare nuovi pubblici. IF può – e forse deve – funzionare come uno specchietto retrovisore: non per voltarsi indietro, ma per riconoscere quanto è stato costruito e da lì orientare lo slancio verso ciò che ancora può accadere.

Nadia Brigandì


in copertina: foto di Simone Galli

LA SVASTICA SUL SOLE
un progetto di lacasadargilla
regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
adattamento Roberto Scarpetti
direzione e composizione musicale Gianluca Ruggeri e Ivano Guagnelli
ambienti visivi Maddalena Parise
costumi Camilla Carè
drammaturgia delle luci Omar Scala
suono Pasquale Citera
con Lorenzo Frediani, Arianna Gaudio, Silvio Impegnoso, Fortunato Leccese, Anna Mallamaci, Paolo Minnielli, Flavio Murialdi, Alice Palazzi, Edoardo Sabato, Stefano Scialanga
e con Veronica Aracri al canto
Alessandro Ferroni agli electronic devices
Ivano Guagnelli al pianoforte
assistente alla regia
Angelica Azzellini
assistenti alla drammaturgia Anna Farina, Leonardo Ravioli