La sfida della riproduzione del reale – e la consapevolezza della sua impossibilità – è da sempre una delle ossessioni di pensatori e artisti. È possibile rinunciare a tutti gli orpelli, e restituire la realtà anche nei suoi aspetti brutali e anti-estetici? O è inevitabile alterare e falsare? Su questi temi si è interrogato, tra i molti altri, anche Primo Levi. Nella densa relazione epistolare con il traduttore tedesco di Se questo è un uomo, Levi mette a fuoco la necessità di non tradire con le parole l’orrore bruciante dei fatti: “ero premuto da uno scrupolo di superrealismo”, racconta, “volevo che in quel libro niente andasse perduto di quelle asprezze (…). Doveva essere, più che un libro, un nastro di magnetofono”.

Da queste riflessioni ha preso il via Se questo è Levi, presentato da Fanny & Alexander nel secondo fine settimana di Vie Festival 2019. L’immagine scelta da Levi per rappresentare la propria tensione al vero – creare non un libro ma “un nastro di magnetofono” – ha del resto una singolare vicinanza con il metodo di lavoro che la compagnia ravennate porta avanti da molti anni: l’eterodirezione, cioè la trasmissione di tracce audio al performer che le ripropone all’uditorio in diretta. Quale miglior modo, dunque, di rendere omaggio “allo scrupolo superrealistico” di Levi che riprodurne mimeticamente non solo le parole, ma persino la voce e le inclinazioni?

Il progetto, ideato e diretto da Luigi De Angelis, si nutre di documenti audio e video nell’archivio Rai, ed è una vera e propria convocazione spiritica dell’uomo Primo Levi: in scena l’attore Andrea Argentieri ne incarna con impressionante precisione la postura e l’aspetto, e utilizza il proprio corpo come medium per le parole e il pensiero dell’intellettuale torinese. La performance ha un arco trilogico (le parti portano i titoli di tre opere: Se questo è un uomo, Il sistema periodico, I sommersi e i salvati) ed è pensata per essere fruita nella sua interezza, come una maratona di due ore e trenta, ma anche per singoli brani. Viene proposta in luoghi non teatrali –  a Vie nel bellissimo palazzo Foresti di Carpi e poi nel Museo del deportato della Fondazione Fossoli – e non è difficile immaginare le ragioni di questa scelta: il palco è per eccellenza il luogo della finzione e dell’enfasi, e mal si adatta alla minuta opera di mimesi qui pensata da Fanny & Alexander.

Nel primo capitolo della trilogia Argentieri fa la sua comparsa e siede su un tavolo di lavoro che, con i suoi “i cassetti e la cancelleria varia”, rispecchia punto per punto la descrizione che ne da lo stesso Levi; ma De Angelis si concede un ironico scarto, immaginando che la conversazione con Alberto Gozzi (che lo intervistò nel 1985 per la RAI e riportata nella prima parte dello spettacolo in forma integrale) avvenga via Skype. La violenta dialettica tra passato e presente è del resto già attiva nelle parole di Levi, che immagina la sua scrivania divisa tra il Sud della macchina da scrivere, e il Nord della sua videoscrivente, “il mio idolo attuale, a cui mi sono prosternato”. Skype non è certo l’unica concessione all’oggi di questo reenactment: è il pubblico, per il solo fatto di essere presente, a riportare costantemente le parole enunciate al “qui ed ora”, e così i commenti a mezza voce, i sorrisi che rispondono all’umorismo sabaudo di Levi, paiono quasi interferenze nella trasmissione della traccia.

Le potenzialità di un vivissimo dialogo con un fantasma, esplorate silenziosamente nelle prime due parti, acquistano centralità nel terzo capitolo: gli spettatori, collocati intorno all’attore, possono ora scegliere quale domanda porre all’avatar di Levi, scegliendola tra quelle contenute in una lista. Le riflessioni di Levi detonano allora nel presente, e per così dire lo invadono, confermando e smentendo allo stesso tempo la possibilità di riprodurre la realtà senza alterarla. Oltre alle interferenze del pubblico, ne agisce una ancora più profonda: quella dell’attore, che presta il suo corpo alla rievocazione ma non può eliminare del tutto la propria personalissima presenza corporea, emotiva, psichica.

Quella sottile esitazione, quel leggero arrochirsi della voce sarà anche nella traccia? E quel piccolo inciampo, come un principio di commozione, che interrompe appena le righe di Se questo è un uomo è di Argentieri o di Levi? Ma proprio la possibilità di una scarto, quella frattura che si apre tra la realtà e la sua copia trasforma la testimonianza inerte in vita.

Maddalena Giovannelli


Se questo è Levi
con Andrea Argentieri
a cura di Luigi De Angelis/Fanny & Alexander
produzione E / Fanny & Alexander

Visto nell’ambito di VIE Festival_9-10 marzo a Palazzo Foresti, Carpi (MO)