C’è un’ unica regola: rispettare i confini del quadrato.
Inizia con questa indicazione la masterclass di Cristina Kristal Rizzo in occasione di MilanOltre 2020: una ventina di ragazzi – danzatori professionisti – si trovano così costretti a danzare, singolarmente e isolati l’uno dall’altro, in un ridotto spazio geometrico. All’interno dei quattro lati, ogni movimento, ogni espressione del corpo, è possibile, a patto di segregarsi nell’angusto perimetro.

La richiesta della coreografa è quella di partire dal corpo, prendere confidenza con la figura geometrica, con il limite, la restrizione, trovare il punto di proiezione verticale e lavorare sulla tridimensionalità del centro, ovvero cominciare ad usare il corpo come misura dell’esistente, la «tecnologia del corpo» quale dispositivo di pensieri, cinetica, stati d’animo, sentimenti propri di caratteri interni profondi e reconditi, che non escludono tuttavia la relazione col mondo.

Rimanendo nella propria «solitudine cinetica» è fondamentale al contempo «proiettare fuori», ma è necessario specificare che per effettuare l’interazione con l’esterno, non ci si deve agganciare all’altro. Quest’ultimo c’è, partecipa alla costruzione dell’architettura, ma non attraverso una condivisione esplicita. Pertanto dove si colloca l’interazione con l’altro? Esiste ma non si vede perché non riguarda il piano dinamico, bensì quello intimo, invisibile; ecco allora che questa solitudine del singolo rimette in discussione la possibilità e la modalità di stare con l’altro.

Il lavoro specifico proposto dalla coreografa non è sul flusso proprio dell’improvvisazione, ma su una strutturazione fisica puntuale, sul «posare le forme nello spazio e nel tempo», si tratta dunque di tornare al principio, all’essenza della danza. È necessario allontanare la dimensione performativa e lasciare che le cose accadano senza pretendere o pretenderle, un «toccare senza presa». La danza è ovunque, è di tutti, ma nessuno la possiede, fugace, intrecciata nello spazio-tempo, è composizione caduca della materia.

Giorgia Angioletti

(foto copertina di Daniele Laorenza)


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview