Gli scrittori spesso si trovano in difficoltà in quei momenti in cui devono spiegare in brevi frammenti di cosa stanno scrivendo. Lavoriamo con le parole, ma facciamo fatica a far sì che il linguaggio catturi i nostri impegni. Io sono una persona che scrive per capire ciò che pensa; scrivo ciò che non so ancora come collocare nel linguaggio e nel pensiero. Di fronte alla frustrazione dell’archivista, rispondo goffamente che il mio interesse per l’archivio è più creativo che intellettuale. È una bugia, perché non riesco a distinguere tra queste modalità.

Sono queste parole di Julietta Singh, dal suo rinomato No Archive Will Restore You (2018), che la dramaturg e professoressa Konstantina Georgelou legge ai suoi allievi durante la prima lezione di Dramaturgical Practices all’Università di Utrecht. Le parole di Singh riflettono su come porsi di fronte alla faticosa relazione tra teoria e pratica, tra conoscere e costruire. Georgelou attraverso questo binomio propone il suo approccio, creativo e intellettuale, radicato profondamente nella prassi della performance contemporanea.
Si forma come danzatrice classica, ma contemporaneamente studia filosofia, psicologia ed educazione all’Università di Atene. La prima esperienza pratica è con la coreografa Apostolia Papadamaki, da principio in veste di assistente e poi come dramaturg. Grazie a questa esperienza, Georgelou matura una riflessione che diventerà una peculiarità del suo approccio: la pratica della drammaturgia, per lei, significa essere all’interno del processo, «dal giorno uno a sempre». Con il PhD all’Università di Utrecht la pratica diventa anche oggetto di approfondimento e nuove conoscenze. Attualmente è tutor presso la famosa scuola di teatro e danza DAS di Amsterdam. Parallelamente avvia collaborazioni con artisti della scena internazionale, tra i quali Zhana Ivanova, Genevieve Murphy, Danae Theodoridou, Janez Janša, Efrosini Protopapa, Billy Mullaney, Mladen Alexiev, Katja Heitmann, Ingrid Berger Myhre e la stessa Papadamaki. 

Una semplice regola: rispondere sempre a una domanda con una nuova domanda! Se lo si desidera, è possibile impostare un argomento specifico per guidare la linea di domande.

At the Spot Where I Find Myself, foto di Isabelle Renate la Poutré

Insieme a Efrosini Protopapa e Danae Theodoridou porta avanti per tre anni il progetto Dramaturgy at Work, tredici workshop per artisti e studiosi, collocati in diverse città partner europee (Gent, Amsterdam, Londra, Atene, Barcellona, Tilburg, Zagabria, Bruxelles e Salonicco). La sua pratica si è andata conformando durante queste occasioni di scambio e lavoro, nel corso delle quali diventava essenziale dedicare l’attenzione alle domande, alla loro capacità di oliare gli ingranaggi delle creazioni artistiche, scoprendo inaspettate possibilità e potenziali ostacoli. Uno dei frutti di queste esperienze è la stesura di The Practice of Dramaturgy: Working on Actions in Performance (2017), curato anch’esso con Protopapa e Theodoridou: qui Georgelou afferma che la pratica della drammaturgia rappresenta «un modo di lavorare catalitico che ha la capacità di attivare processi che nell’attuale contesto economico e sociopolitico potrebbero essere intesi come indiretti, inefficienti, interferenti o negativamente efficienti». In quanto dramaturg lavora sulle azioni nella performance in tutti i momenti del processo creativo: prove, interruzioni, scambi, collaborazioni e fallimenti. Approcciarsi in questo modo alla creazione, in un orizzonte più ampio, significa porre una certa resistenza all’attuale fusione neoliberalista tra azione e lavoro, riarticolando l’importanza della prima come un tipo di lavoro sociale e politico all’interno della pratica. Per Georgelou diventa importante produrre (re)azioni durante il processo creativo, che aprano e mettano in moto la creazione senza interferire direttamente, senza controllarla in nessun modo. 

Fate un “regalo” che possa aiutare gli altri a continuare a lavorare. Questo dono deve avere una forma specifica. Può essere, ad esempio: un’istruzione sbagliata; un vincolo; un’azione; una direttiva; una distrazione; una domanda.

At the Spot Where I Find Myself, foto di Isabelle Renate la Poutré

La sua più recente collaborazione è con la compositrice scozzese Genevieve Murphy, che nel suo lavoro artistico combina la performance e l’arte visiva con la musica classica contemporanea. Il loro incontro, per la performance At the Spot Where I Find Myself (2022), avviene per il desiderio di Murphy di aprire la sua ricerca all’indagine che porta avanti Georgelou sull’invisibilità, di esplorare il rapporto tra il corpo della performer e lo spazio, inteso come un’estensione dell’Io. 

Inventate una metafora che caratterizzi il vostro modo di lavorare e descrivetela per due minuti alle altre persone.

Nei campi magnetici gli oggetti si separano o si avvicinano stimolati dal moto di una carica elettrica. Il movimento di un oggetto può generare l’avvicinamento di un altro e di conseguenza creare una serie infinita di relazioni: Georgelou vede in questi termini la sua posizione all’interno del processo creativo con Murphy. Come dramaturg lavora sulle relazioni tra il testo e la presenza della performer, il suo corpo, il movimento, l’energia, le luci e lo spazio. Non si tratta soltanto di lavoro di osservazione o di dare feedback, ma anche di creare, evidenziare, indicare diverse possibilità, a volte di essere pronti ad agire davanti all’imprevisto, cambiare completamente la direzione o più concretamente «legare le corde e aggiustare le luci». Il lavoro in prossimità alla creazione è in un certo senso simile a imparare a guidare la bicicletta: lo si apprende soltanto facendolo.
Ogni collaborazione ha le sue peculiarità, dunque bisogni differenti: la collaborazione fra Georgelou e l’artista visiva Zhana Ivanova sono caratterizzati da lunghi dialoghi o da corrispondenze scritte ove necessario. In questo caso Georgelou ha assunto una posizione che assomiglia più a quella di una compagna di pensiero.

Un frammento tratto da un processo di lavoro tra Konstantina Georgelou e Efrosini Protopapa

Il raffinare la pratica attraverso diverse collaborazioni ha portato Georgelou a interrogare anche il rapporto con la propria scrittura. Ultimamente sceglie di scrivere insieme ai coreografi e ai performer con i quali lavora, rendendo visibile come l’incontro dei loro pensieri diventi sostegno alla creazione artistica: ne è esempio la scrittura dialogica con il coreografo Efrosini Protopapa, che la dramaturg ha voluto condividere con noi.

Abbiamo instaurato un dialogo performativo per riflettere su affermazioni, domande, supposizioni e frammenti di pensiero in situazione reale. Per rendere possibile questo processo, abbiamo seguito una partitura che ci imponeva di muoverci lateralmente nello spazio, dispiegando diversi tipi di materiali e creando qualcosa come una mappa del pavimento ispirata ai principi del tris; questo ci ha permesso di praticare la drammaturgia come operazione generativa, ma anche dirompente.

L’intento è quello di far riflettere sul fatto che il lavoro artistico, nell’odierno paradigma post-fordista, non si deve limitare soltanto alla produzione di beni materiali, ma deve altresì comprendere le attività immateriali, quali conversazioni, che generano i processi attraverso i quali tali produzioni prendono luogo, rendendo visibili i meccanismi che le costituiscono.
A discapito delle concezioni più tradizionali del dramaturg come “occhio esterno” o “primo spettatore”, la parola che più si avvicina al lavoro di Georgelou è: “amica”. Giorgio Agamben ha scritto recentemente che «chiamare qualcuno “amico” non è come chiamarlo “bianco”, “italiano” o “figo”, poiché l’amicizia non è né una proprietà né una qualità di un soggetto. Riconoscere qualcuno come amico significa non poterlo riconoscere come qualcosa». Essere amica nel processo creativo vuole intenzionalmente fuggire dalla specializzazione dei ruoli, accogliendo l’idea d’uguaglianza delle “intelligenze” o “ignoranze” creative. In questo senso, l’amicizia con una dramaturg è anche un modo di stare con il (s)conosciuto, sperimentando modi di conoscere (e non conoscere) lavorando insieme, in modo intellettuale e creativo.

Jovana Malinarić


in copertina: Konstantina Georgelou
gli inserti di testo sono tratti da Dramaturgy at Work