Sulle note di Pardners di Dean Martin e Jerry Lewis vengono accolti gli spettatori di The ridere. Gli alter ego di Salvatore Aronica e Stefano Barra saranno davvero i «biggest pardners, buddies and pals», ma a che costo?

Il duo dei Pappagallini, ispirato alla coppia di Gaspare e Zuzzurro, è arrivato ad un bivio esistenziale e artistico. Pappa e Gallini, nomi d’arte di Salvatore e Stefano rispettivamente, si sono incontrati anni prima e si son piaciuti, da subito. Forse piacere è il termine sbagliato. La loro è un’affinità elettiva molto particolare. Se da soli non sarebbero mai diventati nessuno, unendosi, a detta di Pappa, avrebbero almeno potuto «condividere la mediocrità». Lui odia i tormentoni, le battute stupide, le gag senza più nome e volto e soprattutto vuole portare in scena «le loro cose», le battute e le gag pensate insieme da sempre. Gallini, invece, con il suo sguardo rivolto verso l’alto, con un discorso trionfale dal pulpito di una sedia, racconta il desiderio di fama ma anche il costo di raggiungerla in una società completamente ossessionata dalla celebrità più che dalla qualità. «Noi in tv facciamo tutto» arriva a dire. Il duo cerca di parlarsi, cerca di comprendersi tra un’andata in onda e l’altra, ma come lo stesso Pappa deve constatare: «In ogni coppia o ci si separa o uno dei due muore».

Lo spettacolo con i suoi toni surreali e vivaci, con la sua atmosfera stralunata e con i suoi piani di interpretazione porta avanti una riflessione sullo spettacolo — e non solo — molto concreta ed efficace. Che cosa si è disposti a sacrificare per diventare celebri? Eliminato il confronto — ritenuto impossibile — con le grandi coppie comiche, allora resta solo la via del far parlare di sé con lo scandalo, con il litigio. È il disperato tentativo di far aumentare il fumo attorno a una coppia ormai prossima a separarsi per sempre.

Tutto in The ridere è saldamente tenuto insieme. La drammaturgia nasce dall’incontro fortuito di Aronica con le parole che Gaspare (Nino Formicola) ha rivolto all’amico Zuzzurro (Andrea Brambilla) il giorno dopo morte di quest’ultimo. La regia, curata dallo stesso Aronica e da Daniele Turconi ha il pregio di unire le tensioni della drammaturgia verso la definizione continua di un organismo unico. L’idea del duo come un solo essere e come un irrequieto doppio speculare è ciò che sostanzia l’intero lavoro, anche dal punto di vista visivo, i due, ad esempio, vestono entrambi di rosso e giallo ma in modo complementare: se uno dei due ha rossi i pantaloni e gialla la maglietta, l’altro ha rossa la maglietta e gialli i pantaloni. Il risultato è uno spettacolo che più che dare risposte sembra voler porre domande. Cosa ci fa ridere e perché? È possibile inventare un nuovo modo di fare teatro? E un nuovo modo di far ridere?

The ridere, pur offrendo un’istantanea disillusa e critica del mondo dello showbusiness, che a distruggere la purezza dei progetti e le grandi ambizioni dei giovani, sembra suggerire che potrebbe esserci dell’altro. Sotto alla vena di assurdità che pervade lo spettacolo dall’inizio alla fine, il vero auspicio sembra essere proprio quello di immaginare un futuro non troppo lontano, in cui un altro tipo di arte e di comicità siano davvero possibili.

Jasna Camilla Grossi

The ridere
di Salvatore Aronica
con Salvatore Aronica e Stefano Barra
regia Salvatore Aronica e Daniele Turconi
produzione Aronica/Barra
visto al Ghe Pensi  Mi di Milano_ 8-12 settembre alle ore 21.00

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