Quali sono gli elementi che caratterizzano meglio secondo te la ricerca della Compagnia Zappalà danza?
Fondamentale è sicuramente il rapporto con la terra: nella nostra danza il corpo non smette mai di essere radicato al suolo. Il linguaggio di Roberto Zappalà è definito MoDem, che è l’acronimo di “Movimento Democratico”, perché ognuno dei danzatori è libero di portare ciò che sente ma sempre all’interno di alcune regole non scritte: la componente selvaggia e quasi animalesca deve essere bilanciata da quella più raffinata, femminile. Un altro punto fondamentale per il lavoro di Roberto è l’eliminazione del pudore, che spesso rischia di essere un limite per i danzatori.

Ne La nona oltre alla danza, c’è spazio anche per alcuni momenti recitati. Qual è stato il rapporto tra coreografia e drammaturgia?
I pezzi di Roberto (Zappalà,ndr) nascono sempre prima dal movimento: movimento innanzitutto ideato da lui e via via arricchito dai feedback dei danzatori della compagnia. Successivamente viene aggiunta una linea drammaturgica, un significato. Nel caso de La nona abbiamo cercato di approfondire la dicotomia fra gioia e dolore e i concetti di spiritualità e umanità a 360 gradi.

Invece come descriveresti il rapporto della coreografia con la musica, in particolare ne La nona dove due pianisti suonano dal vivo sul palcoscenico?
Nel caso di questo spettacolo la scelta della musica è stata ‘vincolata’ perché si trattava di una commissione! Tutti i pezzi della coreografia sono stati progettati sulla base di una musica funky e, quando abbiamo trasportato i movimenti sulla sinfonia di Beethoven, abbiamo cercato di mantenere il ricordo e il senso di ritmo con i quali erano stati creati. È significativo il contrasto fra musica classica e corpi per niente classici o estetizzanti – la formazione di noi danzatori è infatti molto eterogenea e spesso non accademica. Più in generale: danzare sulla musica dal vivo è senza dubbio molto diverso rispetto alla musica registrata. È più pericoloso perché l’orecchio deve essere sempre teso per anticipare o ritardare i passi (anche se i nostri pianisti sono davvero bravissimi!), ma è anche molto più stimolante: non solo ti trovi avvolto nella musica, ma la presenza, e l’esecuzione dal vivo ti impediscono di sfociare nell’automatismo.

Chiara Carbone


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView