Possiamo guardare un’opera coreografica lasciando scorrere in noi un senso di verità e di libertà?
Questa trilogia ha il potere di offrire al pubblico una grande visione, libera dai preconcetti di ogni tradizione estetica. Quest’opera sembra parlare indirettamente della nostra società, portandola a fare autocritica. L’intuizione del coreografo di collegare tre classici come l’Aprèes-midi d’un faune, il Bolèro e Le sacre du printemps e renderli un “party” nasce da un fatto di cronaca: durante una festa una ragazza venne allontanata e stuprata. L’opera non diventa, però, didascalica, anzi: solo le incursioni iniziali di musica techno e i costumi più colorati possono suggerire un ambiente libero e spensierato come una festa. Tutti e tre i lavori si legano piuttosto a un altro concetto: il rito.
Per il coreografo, Roberto Zappalá, creare quest’opera e confrontarsi con tre grandi classici della musica e della danza è stata una sfida a cui ha dedicato dieci anni di lavoro, al fine di concepire qualcosa di differente, con la decisa intenzione di discostarsi dall’immaginario classico delle tre iconiche opere di partenza.
Molti artisti si sono misurati negli anni con questi classici della danza contemporanea, ma Zappalà ha trovato il suo modo di raccontare queste storie. «Agli artisti piacciono molto le sfide», ci ha detto quando lo abbiamo incontrato.
Lo stile coreografico della Compagnia Zappalà Danza, definito nel corso di molti anni di ricerca (è stata fondata nel 1990) sul movimento dallo stesso Zappalà insieme ai suoi danzatori, è il linguaggio MoDem, Movimento Democratico, e ha una sua ben definita e singolare identità. Come possiamo vedere in scena, la contemporaneità del suo linguaggio coreografico consente al pubblico di sentirsi parte di quello che avviene sul palco.
La scena si apre su un fondale che mostra una metropoli, con le sonorità di un rave e una composizione di figure antropomorfe, che assomigliano a una tribù contemporanea con teste a forma di ariete e dettagli fluorescenti.
Inizia un viaggio all’interno della società e della psiche umana, dove la danza diventa pensiero. Aprèes-midi d’un faune è un pretesto per parlare della solitudine, del piacere e della potenza erotica. Un danzatore amorfo e fanciullesco rimane in un angolo e cerca uno spazio dove rappresentare la propria natura, il proprio corpo e il proprio desiderio di vivere la sua vita. Trova nel tappeto presente sul proscenio, oggetto centrale in questo momento, il luogo perfetto per esprimere ermeticamente il suo piacere. L’elemento scenico rappresenta anche un luogo di costrizione, come ci ha confessato Zappalà: «vedere un danzatore che balla tutto il tempo su un tappeto ed esce solamente per rendersi conto del valore di quello spazio esprime un senso di costrizione. Uno spazio piccolo ma di grande potenzialità visionaria ed emotiva per il danzatore». Il corpo del fauno si muove in modo fluido e dinamico, con la sorveglianza continua degli altri danzatori immobili alle sue spalle: è una rilettura giocosa e intima di una scoperta del proprio corpo, e della condizione estatica che il piacere infonde.
La scena cambia e compaiono delle figure incappucciate che iniziano una marcia inquieta sulla musica del Bolèro di Ravel. Nulla ricorda altre rappresentazioni del Bolèro, se non la musica. I danzatori vagano come se stessero tracciando un percorso preciso. Lo sguardo è verso il basso e indossano delle maschere barocche, che li rendono privi di identità. L’iterazione ossessiva tiene lo spettatore in un limbo sensoriale, dove non sa cosa aspettarsi e cosa potrebbe succedere. Si sente ancora una sensazione di solitudine che richiama quella del protagonista del film Eyes Wide Shut, a cui il coreografo si è ispirato concettualmente ed esteticamente. La nudità svela la verità di un corpo vulnerabile e unico. I danzatori si muovono in modo seducente contagiando gli altri corpi, tutti oggetto di piacere indiscriminato in un loop magico e ipnotico. Le sacre du printemps ha un atteggiamento punk votivo verso la terra e il cielo. Gli interpreti (quattordici in scena) sono l’esemplificazione più egocentrica dell’umanità.
Sembra che il sole li muova come se la primavera crescesse dentro di loro, come se la terra avesse messo in loro le radici.
Tolte le maschere i corpi sono esposti, ora vulnerabili e ricurvi su loro stessi. Attirati in un punto della scena, all’improvviso una danza li scuote: inizia il rituale. Tutti sono l’eletta, ognuno con la propria individualità. Sono folli ma presenti, isolati e corali, guidati da una forza superiore che li manipola, li deforma, li accompagna, li accoglie e li distrugge. Mostrano l’isteria contemporanea in un’ideale metropoli caotica e piena di stimoli.
Tentano di ribellarsi, ma vengono schiacciati dalla società. Sono spinti a vorticare attorno alla luce che li tortura. La luce è totem, è la speranza che li costringe ad aggrovigliarsi e a cercare qualcosa che ci possa salvare.
L’essere umano diventa più animalesco, muta e cerca delle risposte esistenziali: ma siamo tutti in trappola, inesorabilmente schiavi di noi stessi.
Sara Pezzolo
in copertina: foto di @Serena Nicoletti
APRES-MIDI D’UN FAUNE | BOLERO | LE SACRE DU PRINTEMPS (Trilogia dell’estasi)
un progetto di Roberto Zappalà
regia e coreografia Roberto Zappalà
performer Samuele Arisci, Faile Sol Bakker, Giulia Berretta, Andrea Rachele Bruno, Corinne Cilia, Filippo Domini, Laura Finocchiaro, Anna Forzutti, William Mazzei, Silvia Rossi, Damiano Scavo, Thomas Sutton, Alessandra Verona, Erik Zarcone
comparse Angelo Attila, Giuseppe delle curti, Gabriel Vassili Biondini, Isotta Tomassini, Gabriel Interlando, Paola Fontana, Gioele Cosentino, Roberta Goeta, Ilaria Letizia Pradella
drammaturgia Nello Calabrò
scene e luci Roberto Zappalà
costumi Roberto Zappalà in collaborazione con Veronica Cornacchini
realizzazione costumi Majoca
realizzazione scene Peroni S.p.a
goatmask Giada Russo Art Atelier
una co-produzione Scenario Pubblico|Compagnia Zappalà Danza Centro di Rilevante Interesse Nazionale, Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (Firenze), Centre Chorégraphique National de Rillieux-la-Pape (Lione), Teatro Massimo Bellini (Catania), MILANoLTRE Festival (Milano),Fondazione I Teatri (Reggio Emilia) in collaborazione con Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Ravenna Manifestazioni, Teatro del Giglio di Lucca con il sostegno di MiC Ministero della Cultura e Regione Siciliana Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo
Questo contenuto è esito dell’osservatorio critico dedicato a MILANoLTREview 2024