Terrorismo: perché?
Questo è uno spettacolo che colpisce, fin dall’inizio, ancora prima che incominci. Infatti, lo spettatore verrà quasi accolto dagli attori già presenti sul palco prima dell’inizio della rappresentazione. Chi entra per prendere posto a sedere rimarrà confuso, e probabilmente anche per il resto dello spettacolo, e sarà costretto a porsi interrogativi fino alla sua conclusione. E sembra essere proprio questo l’intento dell’autrice, quello di indurre il pubblico a chiedersi il perché, sia delle dinamiche della rappresentazione sia delle dinamiche del mondo odierno. Durante lo spettacolo assistiamo alla storia di una ragazza francese che, interessandosi sempre di più all’Islam e ai suoi valori, ne diventa un’estremista, arrivando ad uccidere gli “infedeli” nel nome di Allah. Conosciamo la ragazza e i suoi pensieri attraverso le sue considerazioni e quelle di coloro che la conoscevano (i genitori, il ragazzo siriano e l’amica). I genitori avrebbero potuto fermarla? L’amica e il suo ragazzo? O si trattava di una ragazza disturbata? L’intento dello spettacolo è quello di raccontare una storia? Oppure quello di mostrare i possibili rischi dell’unione di più culture? E quest’ultima domanda è il risultato delle nostre paure? E se fosse proprio l’unione delle culture a farci paura?
Lo spettatore dev’essere pronto a porsi domande del genere e dev’essere pronto a riflettere molto prima di darsi delle risposte, proprio come l’autrice del racconto, che, recitando sul palco, cerca di rispondere alla domanda più ingenua che chiunque si pone quando si parla di terrorismo, ma alla quale difficilmente riesce a rispondere: perché?
Alessandro Taglioli