Veglia per Eluana Englaro
di e con Luca Radaelli
accompagnamento musica e canto di Marco Belcastro
Visto al Teatro Oscar di Milano_ 19-23 marzo 2014.
Eluana Englaro. La ricordiamo come un nome che ha occupato i dibattiti, è rimbalzato sugli schermi, è risuonato alla radio: vent’anni e poi un incidente. Diciassette anni in stato vegetativo, poi l’eutanasia. Quando Eluana ha ricevuto la “bella morte” l’intera nazione la osservava dalla propria TV, come per assistere in diretta al grande passaggio, per capire, forse per stringersi in virtuale cordoglio col padre Beppino, per esorcizzare la propria morte con lo spettacolo del trapasso di un altro.
Luca Radaelli ha pensato di organizzare una veglia per Eluana, quasi a riscattare il tramestìo mediatico che ha abbagliato la sua morte con quella sobrietà che il teatro sa vestire e la solennità del rito, che del teatro è la radice. E allora si fa come nelle case contadine e in alcune culture antiche, dove la morte è una questione del vivere e c’è musica e da mangiare, parole piene e da bere: sul palcoscenico ci sono candele accese, un tavolo con bicchieri di vinsanto e un vassoio di cantucci, un leggìo, una tastiera e una chitarra. La vita e la morte di Eluana ci interrogano sulla nostra esistenza e sul nostro prossimo morire: qual è il confine tra vivere e sopravvivere? Quando è lecito abbandonarsi allo sgomento del desiderio della fine? Che volto ha l’enigma al fondo del discorso spaventoso della morte? “Bisogna chiamare le cose con il loro nome”, dice Radaelli, che ripercorre raccontandola l’esistenza di Eluana, canta con Belcastro i pezzi che lei cantava, cita Shakespeare, Sofocle, Molière per non lasciare nulla di nascosto, di proibito e considerare la morte con la naturalezza delle cose della vita.
L’affollarsi delle citazioni (a tratti fin troppo presenti) lascia spazio a passaggi più efficaci: talvolta ruvidi e schietti, talvolta lievi e ironici. E sebbene la scena spoglia dalle luci fisse sembra disegnare più l’ambiente di un incontro-conferenza che di uno spettacolo, l’atmosfera che si genera in sala è però intima, colloquiale. Radaelli è un Virgilio che ci accompagna nei territori che temiamo e pure ignoriamo, quasi educandoci a guardare e ammansire la morte, offrendoci vino e biscotti, chiedendoci cosa avremmo fatto noi al posto di Beppino Englaro (che ha contribuito a questa drammaturgia con Radaelli stesso). Attraverso la veglia per Eluana, il teatro si fa mezzo per accogliere – dicendolo con le parole di Radaelli – tutta “la meravigliosa straziante bellezza del creato”. Nessuno escluso, nemmeno la morte.
Gloria Frigerio