Dalla marginalizzazione nei confini della cultura popolare al suo approdo alla dimensione letteraria: con Gargantua e Pantagruele Francois Rabelais compie una vera e propria rivoluzione copernicana, conferendo al grottesco, al comico “basso”, uno spazio nei discorsi e nell’immaginario in accezione positiva. La centralità del corpo e il suo diritto all’oscenità sono probabilmente le istanze che hanno guidato Alice Sinigaglia, una delle voci più interessanti della nuova scena contemporanea per originalità di sguardo e marca autoriale, verso questa opera-mondo: Uno spettacolo gigantesco – che ha debuttato a fine ottobre a Romaeuropa Festival per poi tornare a casa, a La Spezia, negli spazi del Dialma all’interno della programmazione di Fuori Luogo, e che sarà in scena ancora a fine febbraio a Lugano – sembra innervato dello stesso slancio vitale e dissacrante.

Ripercorrendo le tappe precedenti del suo percorso, l’incontro della regista con l’opera di Rabelais sembra già scritto, quasi inevitabile. Sinigaglia, infatti, ha saputo restituire in forme variegate il suo interesse per il comico, per le molteplici manifestazioni del grottesco e, più in generale, per tutto ciò che si allontana dalla “norma”, o che la mette in discussione.
La drammaturgia, firmata da Sinigaglia ed Elena C. Patacchini, si inserisce come un palinsesto sull’opera di Rabelais: gratta via la superficie delle pagine del romanzo per sovrascrivere e riscrivere il testo in un brillante e felice dialogo con l’originale, lasciando sempre la possibilità alle parole dello scrittore francese di riemergere parzialmente dalla pagina cancellata. La rinnovata collaborazione tra Sinigaglia e Patacchini continua a mostrare esisti freschi e sorprendenti, manifestandosi allo stesso tempo nella sua maturità e solidità. Uno spettacolo gigantesco gioca infatti su un’incessante rottura e ricomposizione di equilibrio tra riferimenti teorici alti e colti – spiccano tra questi i nomi di Michail Bachtin e Umberto Eco – e una pantagruelica emersione del comico e del grottesco attraverso i corpi degli attori, dotti conferenzieri ma anche giganti sproporzionati.

La scrittura e la messinscena si nutrono dichiaratamente dei fondamentali contributi portati in sala prove dagli attori, nel solco di una prassi di lavoro che caratterizza le regie di Sinigaglia. Questo processo creativo riesce a riverberare in scena una sinergia tra direzione, drammaturgia e presenze attoriali, capaci di restituire un’originale specificità corporea ai giganti da loro incarnati. Emma Bolcato, Lorena Nacchia, Giorgio Pesenti, Caterina Rosaia appaiono in tutta la loro notevole e sorprendente versatilità: si presentano inizialmente al pubblico come un consesso di ricercatori e studiosi di letteratura, pronti ad accogliere gli spettatori in sala per dare sfogo al loro virtuosismo nozionistico intorno alla scrittura di Rabelais. Facendo propria la lezione dell’autore, il comico erode così anche lo spazio dell’intellettualità: Uno spettacolo gigantesco gioca efficacemente, in maniera divertente e divertita, sulla presa in giro dell’intellettualismo fine a sé stesso, autoriferito, incapace davvero di comunicare con spettatori e lettori e perciò risibile. Gli inutili discorsi intellettuali sono sabotati di continuo attraverso un brillante gioco con i più classici stilemi del comico, in una parossistica sequenza di azioni di disturbo quasi sempre innescate da Davide Sinigaglia. Ecco, quindi, che il caos affiora costantemente nella creazione di divertenti e continui siparietti laterali – come quando uno dei relatori viene colpito in faccia da una torta proprio nel momento in cui è impegnato in una minuziosa dissertazione su qualche minima questione rabeleisiana – e il disordine regna sulla scena, portandoci a ridere delle nostre deformità e della nostra incapacità di alterare gli schemi dati. La conferenza lascia posto alla ricostruzione delle cronache che hanno dato vita ai giganti, alla loro conformazione, alle loro abitudini: i corpi degli attori iniziano una progressiva (d)evoluzione, incarnando comicissime e mostruose trasformazioni. Il passaggio da una sezione a un’altra non segue una sequenza narrativa lineare ma appare governato dal caos, dalla deviazione quasi imprevista, a volte introdotto dalla frase «E ora qualcosa di completamente diverso» ripresa dall’omonimo film interpretato dai comici inglesi Monty Python e utilizza proprio con la stessa funzione, restituendo quindi la dimensione non sequitur dell’accostamento di sketch. Proprio in questo aspetto Uno spettacolo gigantesco mostra un ulteriore punto di contatto con la modalità compositiva del romanzo di Rabelais. Scrive Bachtin nel suo celebre saggio dedicato al realismo grottesco dell’autore francese: «le immagini di Rabelais sono decisamente ostili a qualsiasi compiutezza e stabilità, a qualsiasi serietà angusta, a qualsiasi determinatezza e finitezza nel campo del pensiero e della concezione del mondo». Una modalità di generazione di immagini che ricorda da vicino il montaggio registico attuato da Sinigaglia: la struttura che governa la messinscena viene continuamente rotta e destrutturata, ne vengono forzate le maglie senza mai però slabbrarle o deformarle. La libertà compositiva delle sezioni è in realtà solo apparente e la sua esistenza viene proprio certificata dalla coerenza difforme che governa questo spettacolo.

I corpi dei giganti (e dunque degli attori) risultano comici e sproporzionati proprio per lo sguardo che gli spettatori, e la società in un senso più ampio, gettano su di loro: Uno spettacolo gigantesco riesce a ricordarci, nello spazio che si apre tra la nostra risata e l’amara consapevolezza che ne deriva, di come la deformazione e la “non conformità” non siano prerogative dei corpi e dei loro comportamenti, ma piuttosto dello sguardo che li mette a sistema. Una questione di prospettiva, quindi, da mettere in dubbio attraverso il potere dissacrante del comico.

Alice Strazzi


in copertina: foto di Francesco Capitani

UNO SPETTACOLO GIGANTESCO
drammaturgia Alice Sinigaglia e Elena C. Patacchini
regia Alice Sinigaglia
interpreti Emma Bolcato, Lorena Nacchia, Giorgio Pesenti, Caterina Rosaia, Davide Sinigaglia
scenografie Alessandro Ratti
disegno luci Daniele Passeri
costumi Rebecca Ihle
realizzazione scene Officina scenotecnica Gli Scarti
datore luci e mixaggio audio Febe Bonini
coproduzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione – Teatro Nazionale di Genova
produzione esecutiva e distribuzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione
residenza produttiva Carrozzerie n.o.t
ufficio stampa Maddalena Peluso
grafica Neostudio
con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea”