FASE Four Movements to the Music of Steve Reich
ROSAS/ANNE TERESA DE KEERSMAEKER
Anne Teresa, sola, tocca con una mano per terra e si mostra alzando il vestito. Sembra accennare un passo fuori dalle regole, fuori da quei movimenti puramente geometrici, fatti di scatti e marce, che aveva eseguito in duo, con il massimo rigore, fino a questo momento. Il suo non è più un gioco triste di bambini, un teatro delle ombre (come in Piano phase). La danzatrice si fa carne e realtà, pur continuando a muoversi nella logica ossessiva, ipnotica, automatica del cerchio. La donna non è più macchina e i movimenti non sono solo immagine della musica. O forse è la musica stessa che cambia: anche qui il violino si ripete, ma con maggiore fluidità rispetto ai ritmi di Piano phase e Come out. I passi sono più sciolti, improntati alla circolarità. Il contrasto con Come out è violento: non si respira più una nevrosi fatta di linee dritte e spezzate, ma un’espressività creatrice, tonda, che dispiega la sua potenza superando il limite del cerchio di luce proiettato all’inizio della “fase”. Quel cerchio, allargandosi, non è più uno spazio specifico, ma sembra contenere tutto il mondo, forse il mondo della creazione artistica. Violin Phase dà così un’idea di progressiva espansione della danza stessa, prima repressa in spazi molto stretti (massimamente in Come out, performata interamente su una sedia), poi liberata su tutto il palco. Uno sfondo bianco o una sedia non bastano più: se prima la danza era pura geometria adattata sulla musica, fatta di gesti perfetti e sclerotizzati, ora la ballerina muove i suoi primi veri passi, volteggia, salta. Pur nella ripetitività e nella regola matematica di un automatismo continuo, esprime la propria libertà, attraverso gesti di riconciliazione e ricomposizione, non di sfasamento. Attraverso rinnovate ripetizioni, non più problematiche, si libera da qualsiasi pensiero e si esprime in tutta se stessa.
Lidia Melegoni
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView