di Teatro Sotterraneo

visto al CRT di Milano _  1-6 novembre 2011

Dopo aver attraversato le rassegne estive, Homo ridens è arrivato a Milano, secondo appuntamento della nuova stagione del CRT. Più che di uno spettacolo si tratta di un test antropologico, un insieme di studiati e ironici esperimenti che si traducono in un’intelligente riflessione su razionalità e irrazionalità del genere umano. Con un fare algido e quasi scientifico i quattro bravi attori di Teatro Sotterraneo danno vita a una performance che gioca sulle reazioni degli spettatori per mostrare le svariate forme che la risata è in grado di assumere. In questo modo la performance si reinventa di serata in serata, entrando in necessaria relazione con il pubblico, preso come cavia.

La risata analizzata nella sua natura più facile e spontanea si intreccia con una forma di denuncia al cinismo dell’età contemporanea e i test di misurazione vanno da infantili registrazioni di peti (pochi sogghigni ancora diffidenti) a quiz a tre risposte che interrogano il pubblico su quale possa essere la didascalia di immagini che ritraggono tragedie dell’umanità (risate controllate). Eppure, “non c’è niente da ridere”, risponde la maggioranza. Nel corso dello spettacolo la risata è generata da dinamiche differenti, che giocano spesso sull’inconscio: all’annuncio del Divieto di ridere (ad ogni cedimento del pubblico la scena verrà interrotta per alcuni secondi, da 5 a 40) sembra impossibile per gli spettatori in sala rimanere seri, mentre alcuni momenti di comicità manifesta generano reazioni più controllate. Tentati suicidi, stragi, malattie terminali e atti di violenza si alternano a episodi più esplicitamente sperimentali, applicati al pubblico o a personaggi interpretati dagli attori stessi, testando l’impossibilità di rimanere seri (quale migliore cavia di Gesù che, non si sa perché, non ha mai riso), o verificando quanto la risata sia assunta come cinica difesa contro la crudeltà.

I risultati dei singoli test vengono registrati in scena dal drammaturgo, Daniele Villa, che aggiorna i dati e li consegna a fine serata agli attori per la restituzione al pubblico. Dopo 40 minuti di spettacolo resta il dubbio che il tentativo si sarebbe potuto portare oltre, fino a costruire un lavoro più compiuto. Tra le file del pubblico, pur soddisfatto della sua buona dose di divertimento e della partecipazione a un esperimento teatrale di sottile intelligenza, resta la sensazione di aver assistito a qualcosa di incompleto che proprio in virtù della sua buona riuscita sarebbe potuto andare oltre. Tuttavia questo non compromette la buona riuscita della prova. Con una messa in scena semplice che rinuncia a scenografie, costumi e costruzioni di personaggi, Teatro Sotterraneo gioca sull’ironia di un testo arguto, grazie a una scrittura drammaturgica semplice e disinvolta ma tutt’altro che scontata. Homo ridens si pone come brillante contraltare alle più immorali forme di comicità cabarettistica del teatro e del cinema (ma anche della politica) italiani, dando dimostrazione di un umorismo intelligente, con un significato che va ben al di là del compiacimento della risata. Una comicità che porta a riflettere sull’ appiattimento morale che ha portato all’assuefazione agli aspetti più tragici della quotidianità. In un Paese in cui la realtà assume sempre più l’aspetto di una tragi-commedia, la lettura proposta dal Teatro Sotterraneo è più che mai adeguata. Per cercare un cambiamento, la migliore forma di denuncia è riderci sopra.

Francesca Serrazanetti