La Fionda Teatro
Visto a Zona K, Milano_ 26 gennaio 2015

C’è un’isola all’Isola: un’isola felice, zona franca di teatro e cultura, in un quartiere ‘di moda’ che rischia di snaturarsi. Zona K è una casa per le arti, una residenza per gli artisti, uno spazio prezioso tra grattacieli protervi e locali effimeri. La passione di chi lo gestisce si trasmette a chi lo frequenta – giovani, anziani, coppie, bambini – e affolla corsi, spettacoli, attività (che registrano spesso il tutto esaurito). Il campo d’azione va ben oltre il confine di zona, a giudicare da iniziative di successo come Rimini Protokoll – Remote Milano (22 ottobre- 9 novembre 2014: leggi la recensione e guarda i video di Stratagemmi)  o come il recente Focus Mito.

Quest’ultima rassegna, dal 21 al 26 gennaio 2015, prevede una mostra fotografica (Top of Africa, di Alessandro Sala / Cesura), più due incontri e tre spettacoli che affrontano, da vari punti di vista, le metamorfosi del mito e le sue potenzialità attuali. Incastonato tra gli spettacoli, l’incontro “Mito e presente” interpella tre ‘addetti ai lavori’ in campi diversi – oltre a me, Giorgio Barberio Corsetti e Lia Del Corno – che partendo dalle rispettive esperienze si confrontano sul tema della rassegna. “Si può riscrivere, oggi, il mito? Ha ancora qualcosa da dirci?”: non solo rispondono, unanimi, ‘Sì’, ma del mito mostrano la capacità di rivivere e rinnovarsi in molteplici forme. A testimoniarlo, oltre agli esempi citati nell’incontro, è l’intera rassegna Focus Mito: lo spettacolo Quei2 di Marcella Vanzo/ Gogmagog (19-21 gennaio), le iniziative per i bambini (l’incontro con Roberto Piumini Viaggio sull’Olimpo e L’Odissea raccontata dai e ai bambini di Carlo Ottolini, 25 gennaio) e a chiudere la rassegna La casa- Odissea di un crac, di La Fionda Teatro (22-26 gennaio).

Su quest’ultimo spettacolo – molto liberamente ispirato all’Odissea omerica – vale la pena di soffermarsi: innanzitutto perché la coppia Pogliani-Zecca ha al suo attivo una bella riscrittura di un altro mito, quello degli Atridi (Sogno rosso. Nel segno di Ifigenia, 19-23 marzo 2014, Teatro Verdi, Milano); e in secondo luogo perché negli ultimi anni il mito di Ulisse – mai tramontato né affievolito nel tempo (si veda da ultima la bella antologia di testi Il volo di Ulisse, a cura di Maria Grazia Ciani, Marsilio, 2014) – è esploso in una vera e propria ’Odissea-mania’. Il boom recente di traduzioni, riscritture, allestimenti comprende spettacoli raccolti e intimi come quelli del Teatro del Lemming o di Corrado D’Elia, mega-produzioni internazionali, ‘colossi’ come Luca Ronconi e Bob Wilson (si vedano, per esempio: la recensioni di R. Viccei sull’Ulisse di Corrado D’Elia; di M. Treu sul progetto Meeting the Odyssey; di G. Tentorio sullOdyssey di Wilson ad Atene). Anche Emma Dante, nel settembre 2014, ha scelto proprio l’Odissea per caratterizzare la sua direzione artistica al Teatro Olimpico di Vicenza, prima con lo spettacolo Polifemo e poi con un Laboratorio Olimpico dedicato alle donne del poema. Proprio nel presentare quest’ultimo, alla vigilia del debutto (M. Treu, “Catalogo delle donne”, Quaderni del Teatro Olimpico, 2014), mi auguravo di assistere a un’Odissea “dalla parte delle donne”. E questo auspicio si realizza, a Zona K, grazie alle due attrici e registe di La Fionda Teatro: Elisabetta Pogliani (che firma anche il testo) e Paola Zecca, interpreti rispettivamente di Penelope e Ulisse, usano l’Odissea come pretesto per parlare di sé. Insieme festeggiano i venti anni di attività (venti, come quelli che Ulisse trascorre lontano da casa) e scaramanticamente mettono in scena un ‘crack’, una rottura: danno vita così a un’ironica, intelligente Odissea al femminile, ai minimi termini, che mette in commedia il miglior Beckett di Giorni felici o di Aspettando Godot. Ci ricordano anche la coppia Jack Lemmon / Tony Curtis (A qualcuno piace caldo) per il ritmo e la verve comica, e anche perché minacciano costantemente di separarsi, ma in realtà fanno capire che non si lasceranno mai. Resteranno per sempre in casa.

Protagonista assoluta, infatti, è la casa, che sin dall’antica Grecia (e nell’Odissea in particolare) è dominio (o prigione dorata) della donna: Penelope in Omero, Molly Bloom nell’Ulisse di Joyce, Albertine in Doppio sogno di Schnitzler escono di casa col pensiero, o in sogno, mentre i loro uomini sono lontani. Ma qui anche Ulisse, come la moglie, è seduto stancamente a un tavolo, costretto a una quiete forzata, a una domestica reclusione. Ai capi opposti di un tavolo, le attrici si palleggiano le battute come se giocassero a ping pong; a volte si alzano, girano in tondo su se stesse, si spostano di qualche metro per andare “al pub”. Ma in realtà non accade niente, e anche le mirabolanti avventure di Ulisse sono appena accennate nei personaggi e negli episodi salienti (Polifemo, Circe, le sirene): tutti rievocati a posteriori, ricreati nella casa, rivissuti con contorni quasi onirici (come fanno gli eroi del mito ritratti da Iannis Ritsos, invecchiati e stanchi), con un ottimo equilibrio tra comicità e malinconia (Ulisse guarda fuori dalla finestra e piange senza motivo, Penelope colleziona cartoline esotiche comprate sotto casa). Questa coppia di una lunga data (di attrici e di personaggi) costruisce una macchina perfetta attorno a una routine quotidiana: intessuta di riti e silenzi, domande e risposte in cui tutti – uomini e donne – possono riconoscersi. Basti citare le prime battute, con il tormentone del ‘pesce’ (simbolo del viaggio in mare che è centro nevralgico dell’Odissea) poi ripreso nel corso del dialogo come un Leitmotiv ‘anti-eroico’:

– Cosa vuoi mangiare oggi?
– Fai tu
– No
– Cosa no?
– Non faccio io… dimmi cosa vuoi mangiare oggi
– Adesso non so cosa voglio mangiare oggi
– Faccio la trota?
– No
– Perché?
– Penni sai che non mi piace il pesce…
– E da quando non ti piace il pesce?
– Da sempre!

(….)

– Il pesce non mi è mai piaciuto, men che meno la trota, che non è neanche un pesce
– Certo che la trota è un pesce!
– Non è un vero pesce!
– E quali sono i veri pesci?
– Quelli che stanno in mare
– Neanche quando stavi in mare mangiavi la trota?
– Quando stavo in mare non mangiavo la trota, perché la trota in mare non c’è!
– E cosa mangiavi?
– Andavo al ristorante!

 

Martina Treu

Per un più ampio approfondimento sulle riscritture di matrice odissiaca:
M. Treu, Odissee sulla scena: un eterno ritorno, “Stratagemmi” 9, 2009, pp.161-183.