«Take the risk!» sono queste le parole che più frequentemente risuonano nella piccola aula di danza al piano terra del Liceo Tito Livio, tra il lontano suono della campanella e il brusio dei corridoi scolastici di un pigro sabato d’autunno. Questo invito costante a non essere spaventati dal correre rischi è infatti il filo rosso che accompagna l’intera mattinata di un gruppo di studenti del liceo coreutico, tra la masterclass pratica e il breve incontro teorico con Guillame Gabriel, assistente alla coreografia e co-fondatore della compagnia francese Hervé Koubi.

«Nella danza è tutta questione di millimetri», ricorda Guillame mentre passa tra gli studenti impegnati a replicare la piccola coreografia che ha appena mostrato, correggendo posizioni e perfezionando l’impostazione: «Bisogna sempre ricercare quello spazio di un millimetro in più che allunga il movimento oltre il proprio limite, senza aver paura di cadere o di perdere l’equilibrio».

Anzi, perdere l’equilibrio è proprio uno degli obiettivi richiesti ai ragazzi. «Really lose yourself in the movement»: entrare e uscire dal proprio spazio e dal proprio baricentro, utilizzando tutto il proprio corpo per sbilanciarsi e ristabilizzarsi in un costante oscillamento che porti il movimento ad essere oltre, di più. L’esplicito traguardo da tagliare entro la fine delle due ore di lezione non è quello di saper ricreare passi e coreografie mai visti prima o affinare una qualche complessa tecnica di danza, ma riuscire a portare il proprio corpo alla massima tensione, per permettere che i movimenti si seguano in una serie elastica e fluida di azione/reazione, come se braccia, gambe o collo si trasformassero in piccole catapulte o fionde pronte a scattare in un gesto aperto ma controllato non appena tensione e peso non sono più sostenibili.

La danza contemporanea, infatti, non richiede solo un fisico allenato e capace di rispondere positivamente alle richieste sempre più articolate della coreografia, ma anche e soprattutto una profonda consapevolezza di sé e di un grande controllo su mente e corpo: quello che conta non è il movimento acrobatico –  tipico della mescolanza di generi e di linguaggi portata sul palco dalla Compagnia Hervé Koubi – ma come si entra e si esce da quel movimento, come il corpo espressivo sa farsi narrazione, in un equilibrio costante tra quello che si è e quello che si interpreta sul palco. Il vero danzatore deve sapere evitare automatismi e conservare l’unicità dell’esibizione, ogni volta davanti a un pubblico vivo e quindi diverso.

Arianna Allegretti


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview