di e con Roberta Biagiarelli
visto al Piccolo Teatro Radio di Meda_ 14 dicembre 2015
nell’ambito del Premio Sonia Bonacina
in replica al Teatro della Cooperativa di Milano il 9 e 10 di gennaio 2016
“Siamo figli dell’epoca e l’epoca è politica”. Sembra avere le idee molto chiare Roberta Biagiarelli, vincitrice del Premio Sonia Bonacina 2015, mentre getta in mezzo al vorticare di vocali e consonanti che compongono la sua narrazione, la frase da cui prende titolo il suo spettacolo.
Più che una comune affermazione, la sua è una verità ineludibile, quasi un dogma, dove l’impegno politico va oltre al semplice attivismo e si fa necessità antropologica. La stessa che spinse 1136 donne provenienti da tutte le parti del mondo ad autoproclamare, all’indomani dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, un congresso all’Aia dove riunirsi in nome di una ferrea volontà pacifista. Un atto politico che, per l’appunto, fu anche questione umana, di genere nello specifico: la coraggiosa rivendicazione del proprio ruolo all’interno di una Comunità Internazionale ancora scettica nel considerare la donna parte integrante (e determinante) dei suoi processi.
E se la Biagiarelli chiama in causa, per forza di numeri, solo la rappresentanza ufficiale di quella notevole compagine femminile, lo fa con la consapevolezza che la vita di ognuna delle partecipanti meriterebbe una trattazione specifica. Ecco allora che da Jane Addams, presidentessa a stelle e strisce della conferenza (nonché futuro premio Nobel per la pace) ad Aletta Jacobs (celebre femminista olandese) passando da Emily Balch (altro premio Nobel a venire), le delegate vengono presentate con dovizia di particolari. Sono storie di ingegno, le loro, dove il coraggio si fonde con la caparbietà, e il desiderio di emancipazione diventa intraprendenza pionieristica. È il caso di Rosa Genoni, unica rappresentante del Belpaese al congresso, la cui poliedrica esistenza potrebbe – confida la Biagiarelli fuori dal palco – facilmente ispirare uno spettacolo autonomo. E come darle torto? Sarta prima e stilista poi, capace di inventare, ante litteram, il prêt-à-porter e il made in Italy, la Genoni fu, tra le altre cose, anche giornalista dell’ “Avanti” e ferma oppositrice del fascismo.
L’esposizione della Biagiarelli procede serrata ma non si scorda di tenere viva l’attenzione dello spettatore e di stimolarne i processi identificativi: lo fa da una parte con l’ausilio di supporti tecnologici (interessante constatare come tablet, lettori mp3 e registratori trovino nel suo teatro di narrazione una specifica funzione divulgativa), dall’altra con un’immedesimazione totale nel racconto della stessa narratrice. Il suo infatti non è un semplice resoconto storico ma un monologo in soggettiva dove l’esperienza personale, il proprio vissuto e perfino l’“io-parziale-e-giudicante” sono ammessi nella materia narrativa. Ecco allora che, in nome di questo principio d’inclusione, ai fatti relativi al congresso dell’Aia del 1915 si sommano quelli più recenti della guerra serbo-bosniaca di cui la Biagiarelli si è occupata negli ultimi anni, alle iniziative di emancipazione della Addams e compagne si mischiano quelle umanitarie che l’attrice porta avanti da tempo nell’ex Jugoslavia (in particolare a Srebrenica). E se l’alternanza risulta un po’ troppo reiterata e ondivaga, non si può non provare affetto per la partecipazione attiva, militante e genuina della Biagiarelli. Una simpatia che sembra condivisa anche dalla giuria popolare del Premio Bonacina, che, con larga maggioranza, le ha assegnato il massimo riconoscimento.
Corrado Rovida