Nel primo sogno messo in scena nel Calderon di Pasolini (allestito per il LAC di Lugano da Fabio Condemi), Stella invita Rosaura a indossare un anello che dovrebbe farla tornare alla realtà. Secondo la sorella, il gioiello risalirebbe addirittura ai tempi di Velázquez, e sarebbe raffigurato pure nel celebre quadro Las Meninas. E se quell’anello avesse dato il via a una delle più grandi rivoluzioni della modernità?
L’anello di Doña Maria Augustina de Sarmiento, dama di corte dell’infanta Margherita, non è un normale gioiello, ma racchiude una sfera armillare. La ragazza fa infatti parte di una società segreta di sostenitori delle teorie di Galileo Galilei, morto nel 1642. Lo scopo della società è di diffondere le opere dello scienziato pisano, stampandone copie clandestine con la complicità dei tipografi reali. Nel giugno del 1654, tuttavia, la ragazza viene accusata di stregoneria dall’Inquisizione spagnola e muore in prigione. Prima del suo arresto riesce però a consegnare il suo anello al suo fidanzato Federico, apprendista del pittore di corte Diego Velázquez, pazzamente innamorato di lei. Federico, addolorato dalla morte della sua amata, decide di schierarsi ufficialmente contro l’Inquisizione. Perso l’appoggio di Re Filippo, è costretto a fuggire dalla Spagna e arriva in Italia, dove, insieme all’amico Benedetto Castelli, discepolo di Galileo, fonda un movimento rivoluzionario, che col tempo raccoglie accoliti in tutta Europa, tra artisti, letterati, scienziati, ma anche tra chi è perseguitato per motivi religiosi.
Considerati una minaccia per l’equilibrio sociale, i rivoluzionari cominciano a essere perseguitati. Questi ultimi, ispirati dall’Utopia di Thomas More, decidono di fondare una società libera da chiese e sovrani, in cui le idee innovative possano prosperare e sia la cultura a dominare e a regolare la vita degli uomini. Siccome More nella sua opera parla di un’isola, la scelta ricade su una delle isole più grandi del Mediterraneo, la Sardegna. A ottobre del 1655 i rivoluzionari dichiarano ufficialmente guerra al Regno di Sardegna e invadono l’isola. Le lotte sono subito feroci. I rivoluzionari sono per lo più intellettuali, non avvezzi all’uso delle armi. Dall’altra parte, l’esercito sardo è poco numeroso, perché nessuno si aspettava l’invasione di un territorio poco appetibile politicamente. Dopo un mese, col sopraggiungere dell’inverno, gli Asburgo di Spagna si dichiarano sconfitti e cedono l’isola.
Il 25 novembre 1655 viene issata la bandiera del gruppo di ribelli, che reca come simbolo l’anello di Doña Maria Augustina, e prende vita il Glorioso Stato Eretico dei Liberi Pensatori.
Con la collaborazione della popolazione locale, contenta di essere uscita dal giogo della Corona d’Aragona, in Sardegna viene organizzato un nuovo sistema politico. Vengono fondate numerose accademie, la proprietà privata viene abolita, tutti si impegneranno nella coltivazione della terra per una parte della giornata, mentre il resto sarà dedicato allo studio e al riposo. In questo modo, la comunità può sviluppare la propria cultura e vivere in maniera pacifica e tranquilla. Lo Stato sarà inoltre libero da Inquisizione e superstizione, caratterizzato da tolleranza religiosa e aperto a chiunque. Per cinque anni, la nuova organizzazione funziona e vengono prodotte nuove opere in ogni settore, dalla medicina all’architettura, dalla poesia all’astrologia. Ma i tempi non sono ancora maturi per un tentativo socialmente troppo ambizioso.
I cittadini del Glorioso Stato Eretico non si rendono pienamente conto di quello cui hanno dato vita e, complici i contadini sardi e la loro ottima cucina, oziano e si impigriscono sempre più. Quando perciò la Spagna, che sente minata la propria autorità in campo religioso, promuove un nuovo attacco insieme ad alcuni alleati, gli ex-rivoluzionari vengono sconfitti.
L’esperimento di uno Stato di liberi pensatori si è concluso, ma passerà alla storia come anticipatore delle grandi rivoluzioni settecentesche, soprattutto quella francese. L’anello di Doña Maria Augustina diverrà un simbolo ispiratore per i rivoluzionari di tutto il mondo.
Gaia Caruso
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico LACritica