1-7 aprile 2019_Milano

1. La scortecata di Emma Dante al Piccolo Teatro Grassi

Carolina e Rusinella, due vecchissime sorelle che mal si sopportano, attendono la morte sognando castelli e giovinezza. Finché un giorno un re, senza vederle, s’innamora davvero della voce di una di loro, una fata riporta alla fortunata la giovinezza, lasciando l’altra a macerarsi nell’invidia, a scorticarsi persino… Emma Dante rilegge la fiaba di Giambattista Basile – già riportata recentemente all’attenzione del grande pubblico da Matteo Garrone in The Tale of Tales  – collocandola su una scena scarna e buia, dove a parlare sono la fosforescenza di un castello in miniatura e la forza espressiva dei corpi di Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola. Sono infatti i due interpreti maschili a interpretare, oltre alle due vecchie zitelle, anche l’ingannato re, in un napoletano seicentesco rimpinzato di proverbi, espressioni gergali e invettive popolari. Tra lazzi da Commedia dell’Arte e svolte grottesche e macabre, la Dante ci parla dell’inconsistenza del sogno, della non accettazione della vecchiaia, ma soprattutto dell’incanto di quell’antica fiaba che insegnava, nella chiosa, a guardarsi dall’invidia, perché “l’invidia, figlio mio, distrugge se stessa”, o meglio ancora: “se stessa smafara”.

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2. Parete nord di MK in Triennale – Teatro dell’Arte

Scalatori e danzatori, un palcoscenico e una montagna, una parete ghiacciata. MK – compagnia di punta della danza contemporanea italiana – vuole, con la sua nuova produzione, mostrare l’inaspettato intrecciarsi di due tensioni dell’umano così apparentemente lontane, eppure parimenti irresistibili e altrettanto irraggiungibili: la montagna e la coreografia. Michele di Stefano, coreografo, performer e direttore artistico della compagnia, nel suo costante lavoro di “smerigliatura” e astrazione del gesto, ci porta una performance fluttuante tra una fisicità concreta e mondi irreali: un minuzioso studio ed esercizio della danza come susseguirsi di moti e oscillazioni che si intrecciano nel vuoto. In Parete Nord, a un primo momento di febbricitante animazione, segue allora la calma di un orizzonte alpino: un pulsante cuore di roccia, che si ripiega e s’involve, per far sgorgare dalle sue vette nuovamente il movimento. Due mondi estranei, si fondono in uno: una danza primordiale della stessa materia di cui è fatta la vertigine ad alta quota.

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3. Il regno profondo. Perché sei qui? della Societas al Teatro Elfo Puccini

Irrigidite in tailleur scozzesi, due donne, talvolta all’unisono, come un solo “io”, talvolta scisse in un dialogo serrato, raschiano la crosta della quotidiana abitudinarietà che tutto pervade – dalle parole scabre al sottofondo ronzante di cicale. Un flusso vocale per riscoprire la profonda drammaticità di quelle domande esistenziali e metafisiche che vengono solitamente accantonate o abbinate a risposte preconfezionate. Con questa lettura drammatica, che riprende alcuni testi già editi di Claudia Castellucci, si conclude il ciclo Il regno profondo, già composto da La vita delle vite e Dialogo degli schiavi. Nel lavoro della Societas un turbinare di logiche stringenti si alterna ai dubbi insormontabili dell’essere umano, senza dimenticare la grazia lieve e il sottilissimo umorismo della lingua creata ad hoc da Chiara Guidi: un vero e proprio dialetto, domestico intrecciato di espressioni idiomatiche e vernacolari. Si parla di Dio e dell’uomo, del senso della vita e di ogni cosa, a partire da una semplice, semplicissima, domanda. Quella che sgorga cristallina da due voci in coro: «Perché sei qui?».

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Michele Ponti