Dal 16 al 22 aprile 2018_Milano

1. Delitto e Castigo di Konstantin Bogomolov al Teatro Elfo Puccini

Un cine-pugno che colpisce, offende, urta. Konstantin Bogomolov prende l’opera del “Padre” e la smembra per ricomporla in un passato prossimo. Di Dostoevskij rimangono i monologhi e lo sguardo implacabile sull’umanità, unica vera eredità che il regista moscovita sembra accettare. In un cortocircuito estetico e ideologico, lo sfondo non è più una livida e buia Pietroburgo ma un salotto anni sessanta con un divano-focolare che richiama i set delle rassicuranti sit-com americane. Ma di rassicurante non c’è nulla: la ferinità dell’essere umano è la stessa raccontata da Dostoevskij, ha solo cambiato il modo di sfogarsi. Non è più infatti il delitto a svelare la nostra intima crudeltà, ma il sesso: un sesso violento, esplicito, non procreativo, che disturba il pubblico come farebbe un omicidio in scena. Ed il castigo a questo non è un argomento di giurisprudenza ma una categoria morale, simbolicamente rappresentata da un figlio di Dio crocefisso e asessuato che incombe e domina la scena.

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2. Odissea di Mario Perrotta al Piccolo Teatro Studio Melato

Protagonista di questa Odissea non è l’eterno viaggiare di Ulisse e nemmeno l’incessante tessere di Penelope che cerca di tramare il tempo nell’attesa in cui siamo soliti immaginarla. C’è un’attesa ancora più dolorosa, quella del giovane Telemaco, che a differenza della madre nella sua staticità pulsante non ha ricordi con cui ricostruire l’immaginario paterno. Anzi, Ulisse diventa per lui quasi un contenitore vuoto da riempire con le sue frustrazioni o, al contrario, un emblema, genitore da mitizzare. Mario Perrotta, autore e unico attore in scena, ci racconta il ritorno ad Itaca dalla prospettiva di chi da lì non è mai partito, sovrapponendo l’immagine mitologica alla propria biografia. Ed è così che il Mar Ionio non è più quello delle coste greche ma diventa quello salentino, la lingua si fa dialettale e la musica dal vivo, di Mario Arcari e Maurizio Pellizzari, richiama le terre leccesi. Ma la storia è sempre quella di un padre che è partito e di un figlio che aspetta il suo ritorno diventando uomo. Perché, come insegna Kavafis, Itaca dà “il bel viaggio”, anche se non si è mai preso il largo.

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3. Fascination di Roberto Rustioni al Teatro i

Da un testo della drammaturga catalana Helena Tornero, vincitrice nel 2015 del premio Lope de Vega, Roberto Rustioni imbastisce una prima messa in scena nata da una residenza teatrale con Fabulamundi. Sul palco quattro attori, due coppie, che sperimentano la comunicazione sensoriale attraverso il ballo. Ma non sono ballerini professionisti, sono lavoratori stressati che tre volte alla settimana trovano nella sala da ballo lo sfogo alla propria umanità. L’esito è tragico, comico, a tratti lirico. La finzione scenica è superata: i protagonisti provano passi di ballo e noi, nella realtà, vediamo una compagnia provare un testo. Gli attori con i loro monologhi si rivolgono direttamente al pubblico, un pubblico che forse cerca nel teatro lo sfogo alla meccanicità della propria vita lavorativa. Si entra a far parte di una prova collettiva, una prova nella prova, senza rendersi conto di quando finisca la prova stessa ed inizi la verità.

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Michaela Molinari