«E’ un flash mob? È una manifestazione sindacale, un corteo? O forse si tratta di uno spettacolo?»: è una domanda lecita, forse addirittura ovvia, se ci si imbatte in un gruppo di persone riunite in uno spazio pubblico mentre guardano qualcuno esprimersi, in qualche modo. Il progetto Le alleanze dei corpi ci spinge a chiederci se ci sia, in fondo, una sostanziale differenza tra un’azione politica e una performance: la danza ha, infatti, abitato le strade e le piazze della città, collaborando durante tutto il processo creativo con le realtà sociali della zona e incidendo profondamente sul territorio.

Non è un caso che il nome del festival tragga ispirazione da L’alleanza dei corpi di Judith Butler, un saggio del 2017 (edito in Italia da Nottetempo nella traduzione di Federico Zappino) che, letto in questa fase pandemica, si rivela incredibilmente attuale e prezioso. Riunirsi, incontrarsi nello spazio pubblico costituisce, per Butler, un tema «al tempo stesso vecchio e nuovo, e il fatto che gruppi molto numerosi di persone si radunino pubblicamente può essere fonte di speranza, come di paura». Mai come in quest’ultimo anno abbiamo potuto vivere emozioni così contrastanti nei confronti della riunione di tanti corpi: da un lato la paura del virus e l’interdizione ad usare lo spazio pubblico; dall’altro la voglia di stare insieme fisicamente, per festeggiare, per protestare, o per il piacere di farlo. 

Francesca Marconi / TODES / Internazionale Corazon

Anche chi non partecipa con la propria presenza fisica nello spazio pubblico può fare parte di quel “noi”, attraverso quei mezzi digitali e virtuali già importanti per Butler e ancora più preziosi per noi, per non perdere il senso di comunità in questo periodo così complesso; anzi, proprio l’impossibilità di vivere gli spazi pubblici ci ha riunito più che mai in luoghi virtuali, che sono diventati la scena dell’azione collettiva. Il radunarsi dei corpi esprime tuttavia un significato eccedente la sua espressione verbale e che si realizza proprio in virtù della concreta compresenza fisica: è una forma plurale che opera attraverso azioni coordinate. L’obiettivo di queste azioni collettive è la ricostruzione di forme plurali di agency, ovvero di quell’azione strutturata dal contesto il quale la influenza e dentro cui essa si instaura.

Nell’incontro tra persone sorge un’ambiguità tra l’io e il noi, tra la dimensione individuale e quella sociale, ed è proprio nello spazio di questa relazione, raccontata da singoli individui che si percepiscono uno condividendo uno stesso pensiero, che si realizza una modalità performativa di esporsi alla società. Per Butler «”performatività” non è che un modo di nominare il potere del linguaggio di dar luogo a una situazione nuova», quindi i corpi che si riuniscono fanno accadere qualcosa, pongono in atto determinati fenomeni; e il linguaggio utilizzato può essere la parola come il diritto di apparire e stare in piedi in silenzio o, perché no, la danza. In un gruppo di cittadini che si riuniscono, per assistere a performance dislocate in vari luoghi della città, si instaura una relazione di interdipendenza: il danzatore, insieme agli altri, parlerebbe a vuoto senza il pubblico, e i cittadini condividendo il qui e ora della performance possono contemplare una realtà modificata, farsene fecondare e condividere idee nuove, suggestioni, impressioni.

Il danzatore non è un corpo astratto, ma un essere umano che danza sullo stesso suolo, quello pubblico, su cui cammina ogni giorno come cittadino. Quelli dei performers sono corpi reali e vulnerabili perché si espongono e si alleano tra loro per creare una relazione egualitaria con la città e i suoi abitanti. È solo in questo momento di riunione e condivisione che Butler individua il centro della propria riflessione: e tuttavia il festival Le alleanze dei corpi ci spinge a considerare quanto la performance artistica renda lo spazio pubblico, che ci raccoglie e al contempo divide, il medium per mettere in comune e confrontare idee sulla società. «L’azione dei corpi alleati accade precisamente tra coloro che prendono parte a essa, e questo “tra” non è affatto uno spazio ideale, o vuoto. Questo intervallo è lo spazio della socialità e del supporto». Le alleanze dei corpi si è nutrito della teoria di Judith Butler e delle ricchezze che la città ha da offrire, proponendo al pubblico un continuo circolo di pensieri e forme che, attraverso i linguaggi artistici, si depositano in  discorsi sociali e, quindi, in nuove realtà.

Shahrzad M.


Questo contenuto fa parte dell’osservatorio critico Raccontare le Alleanze