testo e regia di Nicola Bonazzi
produzione Compagnia del Teatro dell’Argine
Sovratitolato in italiano
visto nell’ambito del festival Tramedautore

Nel 2015 il festival Tramedautore si fa in due, e sdoppia la sua programmazione. Se l’appuntamento autunnale (11-20 settembre) si dedica alla Cina e alle sue trasformazioni, una insolita programmazione estiva accompagna gli spettatori milanesi e non alla scoperta di sei teatri regionali, chiamando uno spettacolo a fare da rappresentante per ogni regione. Per l’Emilia-Romagna, è Liberata di Nicola Bonazzi ad avere il difficile compito di raccontare una terra ampia e divisa tra le nebbie e il mare. Bonazzi lo fa attraverso una drammaturgia delicatissima e insieme crudele, giocando sulle sottili differenze di dialetto tra il verace romagnolo e l’altezzoso emiliano, descrivendo un piccolo mondo antico, lontano quei cinquant’anni che bastano per percepirlo come irrimediabilmente perduto e, insieme, inciso nella carne.

Una storia che è un mito, una parabola, un’agiografia laica che gioca continuamente tra sacro e profano, tra reale ed epico. I personaggi sono insieme concretissimi e astratti, stereotipi che scendono in terra a mescolarsi con la quotidianità italiana e a raccontare una vicenda che continua a ripetersi ciclicamente.

Liberata è una donna sola, proprietaria di un piccolo luna-park di provincia, che si innamora dell’uomo sbagliato. Inizia così la via crucis di questa “pora dona” che si umilia per amore,

che accetta di rinunciare ai suoi principi, accoglie in casa le figlie di lui, viene tradita, usata, costretta ad assistere impotente alle violenze fisiche e psicologiche che suo marito infligge a lei e alle bambine. Uno strano miracolo, come quello della santa di cui porta il nome, le consente di sfuggire per un attimo al suo destino, ma per riscattarsi definitivamente dalla violenza non c’è altra strada che la violenza stessa. Liberata non è uno spettacolo femminista, eppure dipinge con precisione manualistica la sofferenza di chi per un amore sbagliato rinuncia a tutto, e arriva ad agire contro sé stesso. Nel mondo di Bonazzi non c’è salvezza vera, perché il dolore si annida e prosegue la sua strada mutando i corpi e le relazioni.

L’orizzonte entro il quale si muovono i personaggi è definito da catene di giostre e ritornelli musicali anni’60 eppure, e qui sta la magia degli attori, lo sguardo si allarga a cercare la fine del mare. La generosità con la quale si danno Micaela Casalboni, Andrea Gadda, Giulia Franzaresi e Frida Zerbinati è infatti la carne viva grazie alla quale lo spettacolo parla e cammina. Una piccola meraviglia che supera i vincoli di tempo e spazio, portando con grazia quasi dieci anni di vita.

Chiara Marsilli