Su un divano-prigione, immobile e stagnante, si consuma la danza di relazioni tra i protagonisti di Lo soffia il cielo, lo spettacolo tratto da due testi del drammaturgo Massimo Sgorbani. Due gli esemplari scelti per rappresentare l’umanità disturbata e ingabbiata dalla società dei consumi, affamata di vita e amori reali. Una madre, che soffoca pene e tormenti – una giovinezza sfiorita troppo presto, la morte per ictus del marito, un figlio strambo e troppo sensibile – ingurgitando programmi televisivi a ruota libera e parlando ossessivamente con il defunto Gianni.
Un figlio, vittima sofferente di un corpo poco attraente e di una mente sovraccarica di inquietudini, che inganna il dolore stordendosi di cibo, masturbazione e preghiere tra sensi di colpa e desideri liberatori.

Vicini solo nella prossimità fisica, madre e figlio – interpretati da un’intensa Cinzia Spanò e da un Francesco Errico ben calato nei panni di un giovane stralunato – vivono esistenze doloranti, senza riuscire a condividerne il peso. Sul palcoscenico si alternano i monologhi, a tratti drammatici ma con felici note ironiche, dei due personaggi, incapaci di entrare in relazione l’uno con l’altro se non attraverso rapidi cenni, timidi sguardi, maldestri sorrisi. I due si guardano con circospezione, a volte con tenera compassione, ma non riescono a incontrarsi nei loro mondi chiusi e fossilizzati: ad accentuare il senso di isolamento, le intermittenze sonore e luminose della televisione – unico oggetto di scena insieme al divano e ai luccicanti pacchetti di cibo-spazzatura – che ossessivamente “disturbano”e frammentano le confessioni dei personaggi. Si può uscire da questo circolo claustrofobico? Lo spettacolo sembrerebbe suggerire di sì. Nonostante l’ingombrante disagio comunicativo e mantenendo le debite distanze, i due cercano in continuo di capirsi e tenersi compagnia nella dura lotta alla sopravvivenza. È  così che il loro incontrarsi può avvenire solo in sogno: su una luna appena battezzata da Neil Armstrong, madre e figlio immaginano di ballare sulle note di What a wonderful world. Forse che sulla luna, complice una gravità rarefatta, sia più facile prendersi per mano e diventare “leggeri”? Forse che sulla luna un universale appello di amore possa risuonare con più forza?

Alessandra Cioccarelli

Lo soffia il cielo
da L’angelo della gravità e Le cose sottili nell’aria di Massimo Sgorbani
drammaurgia e regia Stefano Cordella
produzione TrentoSpettacoli
Visto allo Spazio Tertulliano_ 1-11 febbraio 2017

ora in scena a Campo Teatrale_21-26 novembre 2017