Stop Acting Now: il titolo del film realizzato dal gruppo olandese Wunderbaum sembra una provocatoria dichiarazione poetica. Smettila di recitare adesso. Smettila di giocare e agisci. È quello che fanno gli attori nel proprio ruolo, immaginando di lasciare la loro professione e intraprendere ognuno un proprio progetto per tentare di migliorare il mondo. Nella extended edition quello che viene proposto come dibattito con la compagnia dopo la proiezione del film è in realtà una ironica azione performativa che estende le riflessioni sul cambiamento sociale, sull’identità individuale e di gruppo e sulle responsabilità delle nostre azioni, attraverso delle semplici domande che chiamano il pubblico a rispondere con un’alzata di mano.

Sul delicato crinale dell’autofiction, e ancora nella riflessione sul senso del proprio fare artistico, si muove anche lo spettacolo Looking for Paul. Presentati entrambi a Tramedautore, nella prima (e ultima, come annunciato in chiusura di festival) edizione diretta da Benedetto Sicca, questi due lavori testimoniano di un’apertura del festival a nuovi linguaggi della drammaturgia, non solo verbale, e a territori in cui risiedono eterogenee identità artistiche.

Il Paul del titolo è l’artista americano Paul McCarthy, autore della scultura Santa Claus, popolarmente ribattezzata “ButtPlug Gnomo” che occupa una piazza di Rotterdam.
Inez van Dam è (o meglio, la sua interprete finge di essere) una libraia di Rotterdam che dalla sua casa e dal suo negozio vede, ogni giorno, lo gnomo: con l’impacciata timidezza di chi non vuole parlare in pubblico racconta della propria vita nella città olandese, e del proprio odio per la controversa installazione urbana realizzata dall’artista statunitense.
È il disgusto di Inez per quell’opera lo spunto per uno spettacolo che la compagnia Wunderbaum deve realizzare negli Stati Uniti. Ce lo raccontano i tre attori, raggiungendo la ragazza in scena: hanno ricevuto, spiegano, un incarico per realizzare un lavoro su Paul McCarthy in una residenza a Los Angeles finanziata 20.000 dollari, e lo spettacolo verrà presentato – guarda caso – a Tramedautore. I cinque performer (tre interpreti di se stessi, un attore americano ingaggiato dalla compagnia e Inez) sono tutti in scena seduti su delle sedie: l’iter creativo è restituito esclusivamente attraverso la lettura del loro scambio di email, che attraversa riunioni, incontri, feste in piscina, cene, crisi creative e nuove idee, incomprensioni e momenti di stallo nella residenza americana. Comprata dal Comune con soldi pubblici, la statua di Santa Claus diventa il punto di appoggio per una riflessione sui sistemi di finanziamento dell’arte, che può facilmente essere traslata al teatro e al lavoro del gruppo. Allo stesso tempo, il confronto sulle ragioni del fare teatro e sui modi con cui trattare il tema diventa un efficace e pungente gioco metateatrale per riflettere sui limiti della propria professione. Inez si stupisce di quanto la compagnia sia preoccupata e coinvolta nel voler trasporre il reale in nuove realtà teatrali: “voglio solo fare teatro”, sostengono i membri della compagnia discutendo sul “perché” dell’una o dell’altra scelta.

In quell’equivoco gioco realtà/finzione che mescola i ruoli tra attore, personaggio, e performer che interpreta se stesso si articola il nucleo centrale di Looking for Paul, con un ritmo e un’ironia che accompagnano il pubblico dentro al processo creativo e dentro alla difficoltà di “inventare la nostra nuova realtà, come hanno fatto i grandi artisti”.
La risoluzione del conflitto sta nell’ultimo quadro, quando finalmente va in scena lo spettacolo: lo spazio scenico viene liberato di sedie e microfoni e si fa uso, ora, della scenografia: due strutture cubiche in tubolare metallico accolgono due ambienti “domestici” con un letto, un bagno, paglia e schermi di proiezione. Gli attori hanno scelto di riportare in scena una performance di Paul McCarthy: un folle incontro tra cinque individui che “giocano”, con movenze da manichini, con maschere da cartoni animati, ketchup, maionese, vernici e sostanze che ricordano liquidi e rifiuti corporei, in una grottesca rappresentazione dell’arte performativa più provocatoria e, in fondo, del genere umano. Forse che l’arte, dopo tutto questo riflettere e arrovellarsi, si risolva nella reiterata e disturbante provocazione? Ma proprio nello stridente contrasto con quelle domande (poste con sobrietà nella prima parte dello spettacolo) si crea l’empatia con il pubblico e la volgarità diventa ironia. Senza pretesa di fare scandalo, a differenza di quel discusso Babbo Natale in una piazza di Rotterdam.

Francesca Serrazanetti

Looking for Paul
di e con Walter Bart, Daniel Frankl, Matijs Jansen, Maartje Remmers, Marleen Scholten
design Maarten van Otterdijk
produzione Wunderbaum

Stop Acting Now – Extended Edition
di e con Wunderbaum
regia cinematografica Mijke de Jong
una coproduzione Wunderbaum e Topkapi