In un cortile di un edificio popolare, di quelli con i panni appesi alle finestre, vicino Porta Palazzo, nel centro di Torino, una scritta in corsivo al neon rosso illumina una porta nera: MarcidoFilm! – con il punto esclamativo – è l’ingresso del nuovo teatro dei Marcido.
Ebbene, i Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa compiono trent’anni, e finalmente hanno trovato una casa: è un teatro piccolo tutto nero e rosso, per soli 60 spettatori. Ma i seguaci della compagnia conoscono bene e amano questa forma di intimità, perché richiama i loro spettacoli negli appartamenti e nelle soffitte di Torino, quando gli spettatori si potevano contare sulle dita di una mano. La vicinanza è abitudine, condizione ricercata del teatro dei Marcido, un’interazione voluta e resa sublime dalle macchine sceniche realizzate da Daniela Dal Cin, grande scenografa fondatrice insieme a Marco Isidori della compagnia.

Lo spazio comprende inoltre uffici e una sala prove. Dall’altra parte del cortile, un magazzino di duecento metri quadrati – come sottolinea tutte le volte che può Daniela Dal Cin – vive un vero e proprio museo delle scenografie dei Marcido dei trent’anni della loro carriera, come l’ovale metallico di 11 metri di lunghezza che caratterizzava la danza di guerra dell’Agamennone del 1988, o ancora la torre alta 6 metri che ospitava il Macbeth. Queste sono solo alcune delle macchine sceniche che sono diventate simbolo non solo della genialità della propria creatrice, Daniela Dal Cin, ma anche della ricerca della compagnia in campo spaziale: la capacità di usare e sfruttare la scena per trasmettere emozioni, creare empatia e partecipazione con gli spettatori. Il piccolo teatro è quindi location perfetta per le esigenze dei Marcido: la grandezza degli spettacoli si misura con altri metri, partendo dalle scenografie che saziano senza appesantire gli spettatori e capaci di stupire ad ogni cambio, alla drammaturgia, curata da Marco Isidori, l’altro fondatore del gruppo.

E questa grandezza è stata festeggiata il 23 novembre, giorno dell’inaugurazione del nuovo teatro MarcidoFilm!, con l’intervento dei critici teatrali delle maggiori testate italiane, professori universitari e direttori di festival e teatri, a dimostrazione dell’importanza sulla scena italiana di una compagnia come i Marcido e dell’affetto sincero nei loro confronti.
In questi trent’anni ha sempre stupito la continua ricerca sul testo e sulla parola scenica, e lo spettacolo che inaugura la stagione ne è una dimostrazione. AmletOne si presenta come una riscrittura enfaticamente barocca e poeticamente pregnante, capace di stupire e far sorridere nella sua corposità.

Il coro, dettaglio simbolo di molti dei lavori di Marco Isidori, ha il compito di aprire lo spettacolo: nascosto dietro il sipario, splendido cartellone cinematografico della Dal Cin, si palesa al pubblico sfondando lo stesso cartellone con lunghi tubi, usati come megafoni per declamare una rielaborazione del noto monologo shakespeariano. Una volta terminata la declamazione, il sipario/cartellone si alza e si viene inondati di colore: i costumi sono un pugno suprematista, fatta eccezione per quello di Amleto, che vestito di nero e truccato di bianco, sembra continuamente essere un intruso della scena, una presenza scomoda ma eterea. E la interpretazione di Paolo Oricco, splendidamente intangibile seppur caratterizzato da vivaci espressioni colorite, enfatizza la condizione amletica delineando però una nuova strada nelle diverse messe in scena possibili dell’Amleto.
Un’ottima inaugurazione per una compagnia che dopo trent’anni riesce ancora a stupire ed essere fortemente spiazzante, rimanendo strettamente fedele alla propria poetica e al proprio linguaggio.
«A voi…voi attori silenziosi…mio pubblico! Vorrei poter spiegare, mettendo in campo ancora il torrente della parola teatrale, chi fu a soffrir /goduto sulla terra…e molto vivo soggetto qui caduto…portando lui…io…un famoso nome di battaglia…il mio..finto…di Amleto. Ma il tempo scade, resta solo il silenzio.»

Giulia Alonzo