Il tempo e lo spazio sono le due variabili che determinano la possibilità di lasciare una scia in un dato luogo. Un’azione sposta la materia, traccia un segno che può restare per una durata variabile, prima di essere nuovamente modificato. La ventiduesima edizione di Natura Dèi Teatri parte dal concetto di Scia per comporre tracce “di pensiero e di materia artistica” che possano attraversare spazi con diversi percorsi di creazione e di sguardo. In questo contesto, anche il cammino di Dante all’interno del Purgatorio può essere letto come una scia per esplorare un campo spazio-temporale che, partendo dalle origini, si interroga sul contemporaneo.
Per rileggere “quel secondo regno / dove l’umano spirito si purga / e di salire al ciel diventa degno” Lenz Fondazione sceglie di abitare l’imponente crociera del vecchio Ospedale di Parma, costruito nel 1471 e attivo fino al 1926. Nella prima tappa di una trilogia che si completerà nel 2018, il monumento poetico della Divina Commedia entra così in risonanza con un monumento urbano e della memoria riaprendo, come di abitudine per la compagnia, un luogo abbandonato della città.
Punto di partenza per questo progetto biennale è quindi il regno caratterizzato dalla dimensione più terrena, il luogo che più si presta alla riconquista dell’umano: Dante, e noi con lui, è tra i suoi pari, gli espianti in attesa della salvezza, in un ritrovato rapporto con il tempo e con il paesaggio terrestre.
Se gli spazi identificati per le creazioni site-specific del Paradiso e dell’Inferno saranno luoghi contemporanei (rispettivamente il tunnel di acciaio e vetro del Ponte Nord nell’ottobre 2017 e il termovalorizzatore nel 2018), il Purgatorio prende forma nel risveglio della memoria di un luogo del passato.
Il grande impianto a croce greca è la parte superiore di un complesso edilizio che, a suo tempo, funzionava come ‘città nella città’, dotata di servizi per il proprio sostentamento: cantine, panetteria, laboratori di spezieria, sistemi di irrigazione, cucine, refettori, legnaie. Oggi, nella grande crociera si trovano gli archivi e i depositi della biblioteca. Inaccessibile al pubblico, ha l’aspetto decadente di un luogo abbandonato all’inerzia del suo tempo, ma anche il fascino dell’architettura grezza, degli ampi spazi voltati e della cupola centrale, degli scaffali in legno alti fino all’imposta delle volte e lasciati per lo più vuoti.
Nell’oscurità della sera e nelle luci che fanno parte dell’attenta cura dell’immagine degli spettacoli di Lenz, il grande invaso della navata diventa ambientazione perfetta per le sette cornici del Purgatorio dantesco. E così rimarrà, per tutta la durata dello spettacolo, che si basa su un semplice avanzare, senza approfondire le potenzialità del possibile sviluppo del rapporto con lo spazio. Ad accoglierci e condurci nel progressivo avvicinamento al muro di fondo, sul quale sono proiettati in grande dimensione i numeri “divini” e che ci divide dal Paradiso, è naturalmente Virgilio (qui Paolo Maccini, storico attore sensibile di Lenz). Come continua a ricordare, lui è morto: noi, insieme a Dante (interpretato da Fabrizio Croci), siamo ombre che lentamente si fanno riconoscibili, avanzano e si immergono nel percorso.
Se il passaggio tra le diverse cornici è guidato dalla lingua italiana degli attori – “sensibili” e non – di Lenz, i peccati degli abitanti dei gironi prendono corpo nel dialetto delle compagnie parmigiane coinvolte nel progetto. Un linguaggio viscerale, corporeo, che risveglia una memoria magmatica, impressa nelle mura del luogo in cui ci troviamo. Ma, d’altra parte, una lingua che crea l’alterità che conviene alla nostra condizione di ospiti passeggeri di un mondo altro, in cui siamo immersi ma che non ci appartiene: e, come Dante, restiamo visitatori, fino a quando non dovremo voltare le spalle per tornare nella realtà delle nostre colpe terrene.
A ispirare l’uso del dialetto è Daniel Arnaut, il poeta volgare che abita la cornice dei lussuriosi, al quale Dante concede di parlare in un’altra lingua. Questo è il punto fondamentale della ricerca drammaturgica, che arriva al pubblico più per la sua sonorità – che diventa quasi materia performativa – piuttosto che per i contenuti di difficile comprensione agli spettatori non parmigiani.
La presenza di segni visivi dal forte potenziale simbolico si riduce invece a pochi elementi in questa scrittura scenica di Lenz. I costumi dark sono illuminati da piccoli corpi luminosi che, nelle mani degli attori, fanno emergere i colori sbiancati delle carni. Le sette P, una per ogni peccato, scritte sulla fronte di Dante all’ingresso del Purgatorio e cancellate al passaggio di ogni cornice, sono qui delle tuniche di diversi colori che caratterizzano ogni scena e che, di volta in volta, vengono sfilate dall’Angelo (Valentina Barbarini). I superbi hanno una gonna dorata, gli invidiosi gialla, gli irosi rossa, gli accidiosi turchese, gli avari e prodighi verde, i golosi viola, i lussuriosi rosa.
Una delle alte e scenografiche scale di ferro dell’archivio costruita su ruote diventerà la scala che porta al Paradiso, sulla quale Beatrice aspetta Dante. Proprio qui, nel contrasto tra la piccola dimensione umana e i grandi numeri proiettati sulla parete di fondo della navata e con i 18 metri di altezza sopra alle nostre teste, ci fermiamo prima dell’ultima espiazione. Così, prima di lasciare la Crociera, esperiamo per l’ultima volta la potenza scaturita dal rapporto con lo spazio, vero punto di forza di questo lavoro di Lenz. Minuscoli in un vuoto che assume un’aura quasi divina, ripercorriamo a ritroso la scia tracciata dai nostri passi e dai nostri sguardi.
Francesca Serrazanetti
Purgatorio
di Lenz Fondazione
drammaturgia e imagoturgia | Francesco Pititto
installazione site-specific, elementi plastici, costumi, regia | Maria Federica Maestri
Creazione site- specific per la XXII edizione di Natura Dèi Teatri
ph. Francesco Pititto