regia di Federico Tiezzi
adattamento drammaturgico da Pirandello di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi
visto al Teatro Grassi di Milano _ 4 febbraio-24 marzo 2016

“Il teatro è creazione non durevole. Per definizione, infatti, la creazione teatrale è momentanea”. Così spiega il dottor Hinkfuss agli attori che loro dovranno recitare a soggetto, cioè improvvisare; ed è questa la chiave con cui Federico Tiezzi è tornato a leggere il testo di Pirandello, come a un vero e proprio “trattato di regia”, in un amplificato gioco di teatro nel teatro. Porta in questa direzione anche l’adattamento drammaturgico curato dallo stesso Tiezzi con Sandro Lombardi, dove il racconto viene asciugato fino a diventare una scarna partitura, quasi un appunto di regia. Gli attori entrano ed escono di continuo dalle loro parti, e sono ritratti nelle loro piccolezze e nei loro egocentrismi (come quello di dimostrare la rilevanza del proprio personaggio all’interno dello spettacolo), e infine nei loro tentativi di ribellione; su di loro il regista (Hinkfuss, ma anche Tiezzi) applica uno sguardo da biologo, senza giudizio ma con una curiosità quasi scientifica.

Eppure, lo spettacolo sembra a tratti andare oltre la dimensione puramente intellettualistica e metateatrale, mescolando stili e registri anche grazie a un eccezionale cast. È possibile, per esempio, cogliere echi di quella terra siciliana culla non solo di Pirandello, ma anche del formidabile primo attore Luigi Lo Cascio. La novella sulla quale il testo teatrale è costruito (Leonora, addio!, 1910) è del resto ambientata in un paesino dell’entroterra siciliano, dove la famiglia La Croce sarà protagonista di diverse vicissitudini. La descrizione della processione (“si sente il profumo d’incenso. Ed eccoli lì, che passano accanto a me pur non essendo fisicamente presenti. Lenti, in fila ordinata, come una processione di quelle a cui assistevo quando ero bambino”) diviene così un momento particolarmente vivido, e non mancano allusioni alle contraddizioni e alle criticità del Sud. Quando Mommina, una delle figlie dei La Croce (interpretata magistralmente da Sandra Toffolatti) va in sposa all’ufficiale siciliano Rico Velli (Francesco Colella) vediamo agire un siciliano bigotto, maschilista e violento: e quel sud ancora troppo patriarcale, denunciato allora da Pirandello, ha purtroppo ancora oggi qualcosa da dirci. Forse qualcosa di più si poteva osare in questa direzione: sia dal punto di vista dell’ambientazione (che invece punta su un’astrazione universalistica e quasi generica), sia da quello dei legami con l’attualità.

Per quanto nelle note di regia Tiezzi ricordi che lo spettacolo ha come sfondo la crisi economica di fine anni venti, il contesto sociale ed economico – che avrebbe aiutato ad arricchire alcune sfaccettature della storia e a rendere il testo più vicino a noi – non appare mai in maniera chiara. Ma la consueta cura per l’apparato scenico (insolite per Tiezzi le tonalità scure predominanti), e l’ineccepibile perfomance attorale di Lo Cascio e dei compagni di scena, immergono per ben tre ore lo spettatore nel mondo immaginifico del teatro. Ma quel mondo – ce lo ricorda la didascalia luminosa presente sul palco, che prende in prestito le parole a Wittgenstein – non è altro che “tutto ciò che accade”.

Roberto Meloni