«Ronconi ci ha insegnato che tutto può diventare materia di rappresentazione: nella sua carriera ha messo in scena, stravolgendo e arricchendo il repertorio tradizionale dei teatri, epistolari, poemi, saggi, romanzi in un continuo dialogo con le forme della scrittura». Scrive così Fabio Condemi in un articolo uscito su Doppiozero nell’ottobre del 2021, raccontando l’esperienza vissuta quell’anno durante la scuola estiva organizzata dal Centro Teatrale Santacristina. Le scelte di Condemi nella creazione dei suoi spettacoli, come quelle di Ronconi, sono ricadute su materiali teatrali e non, spesso caratterizzati da una significativa complessità strutturale e linguistica: il romanzo-diario Jakob von Gunten di Robert Walser, le sceneggiature di Pier Paolo Pasolini incarnate nella voce monologante di Gabriele Portoghese in Questo è il tempo in cui attendo la grazia, il dialogo drammatico-filosofico de La filosofia nel boudoir di D.A.F. de Sade, il Calderòn di Pasolini — di cui è nota la difficoltà di rappresentazione — i racconti tratti da Nottuario dello scrittore dell’orrore Thomas Ligotti.
Con il suo ultimo lavoro (di cui firma regia e drammaturgia), Condemi approda infine al multiforme universo letterario di Roberto Bolaño: Ultimi crepuscoli sulla terra, nato come saggio di diploma del biennio di recitazione dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, ha poi debuttato nella sua forma compiuta nel maggio 2024 con una produzione de La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello. Ultimi crepuscoli crea, per dare voce alla variegata produzione dell’autore cileno, una struttura episodica divisa per quadri, percorsa dal filo conduttore dell’esplosione incontrollabile della violenza, nella sua incomprensibilità, ma anche nel suo profondo e innegabile radicamento nell’animo umano.
Ogni sezione riprende un diverso frammento della produzione di Bolaño: alcuni racconti della raccolta Puttane assassine si mescolano a quelli contenuti in Chiamate telefoniche, intrecciati alle vicende di Angel e Ana in Consigli di un discepolo di Jim Morrison a un fanatico di Joyce. Gli episodi messi in scena vengono filmati in presa diretta dagli attori non coinvolti nel quadro e proiettati sul grande schermo collocato al centro dello spazio (pensato da Fabio Cherstich): in uno di questi episodi, due poliziotti dialogano all’interno di un’automobile riprodotta quasi realisticamente, ricordando le uccisioni e i pestaggi da loro perpetrati ai danni dei dissidenti politici, o le violenze esercitate sulle prostitute incontrate. La vettura farà venire in mente, a qualche spettatore, The Repetition di Milo Rau; il richiamo al regista svizzero non è forse casuale, se è vero che a lui si deve una delle più rilevanti riflessioni sulla messa in scena del tragico nel contemporaneo. In Bolaño però spesso la tragedia non giunge a compimento: vive nella dimensione della premonizione, in una forma di latenza, mostrando l’oscillazione del destino di ciascun uomo tra le due possibilità, quella comica e quella tragica. E anche Condemi costruisce registicamente l’episodio in un crescendo di tensione che però si risolve in un nulla, in una tensione sempre sfumata verso un rivolgimento tragico.
In questo senso, uno degli aspetti più interessanti della messinscena curata da Fabio Condemi consiste proprio nell’aver dato forma scenica alla coabitazione delle varie possibilità, mostrando l’arco narrativo, nella sua quasi interezza, di alcuni personaggi che tornano a più riprese nel corso della produzione dello scrittore cileno. Come accade ad esempio per il personaggio di Angel Ros che – insieme alla sua ragazza Ana – rivela le differenti possibilità del tragico esistenti nella letteratura di Bolaño. L’incontro tra questi due giovani, unito al consumo di sostanze stupefacenti e alla noia in cui navigano quotidianamente, li spinge a cercare un rivolgimento, un evento capace di spostare le loro vite.
L’apparente frammentarietà della struttura narrativa di Ultimi crepuscoli sulla terra viene efficacemente contrastata dalla creazione di una cornice proiettata sullo schermo tra un quadro e l’altro: un macabro ritornello a cui gli attori danno voce seduti di fronte a un microfono ai lati della scena, inserito per separare le narrazioni, per segnare lo scorrere del tempo, per collocare geograficamente gli eventi, e per sottolineare nuovamente il contesto di brutale violenza. La cornice è ricavata dalla più ampia e complessa opera di Bolaño, 2666: nella città messicana di Santa Teresa (una trasfigurazione narrativa di Ciudad Juàrez), a partire dal 1993, vengono perpetrati numerosi omicidi ai danni di giovani donne. La narrazione delle morti brutali di queste ragazze, spesso violentate prima di essere uccise, dura pochi minuti, il tono asciutto restituisce gli eventi in forma asettica, oggettiva, autoptica. Il racconto della violenza non lascia spazio all’espressione del dolore, alla manifestazione del lutto nelle sue diverse forme. Il viaggio compiuto da Condemi all’interno dell’universo letterario dello scrittore cileno viene così condiviso con il pubblico: la concezione di Bolaño della letteratura diventa oggetto di una riflessione collettiva attuata dalla comunità composta dagli spettatori presenti. Ultimi crepuscoli restituisce in un’efficace forma teatrale ciò che l’autore cileno descrive nel suo saggio Letteratura + malattia=malattia: «Fra gli immensi deserti di noia e le non così rare oasi d’orrore esiste però una terza opzione», e cioè un viaggio nell’abisso più oscuro dell’essere umano, un’immersione nell’«ignoto per trovarvi il nuovo, è la povera bandiera dell’arte che si oppone all’orrore che si somma all’orrore, senza cambiamenti sostanziali». Una battaglia persa in anticipo, dunque, quella di indagare e denunciare la violenza efferata, ma che vale sempre la pena di essere intentata.
Condemi conferma dunque, ancora una volta, intuito e coraggio nelle sue scelte “anti-teatrali”: Bolaño è infatti autore noto ma scarsamente frequentato in Italia, nonostante possa essere considerato un autore «globale» – così lo ha definito in un’intervista Nicola Lagioia – capace di ritrarre la tragica storia del Sudamerica per parlare, in realtà, del mondo nella sua interezza. E così Condemi dà forma ai fantasmi che abitano la scrittura di Bolaño: esseri imperfetti, crudeli, “schifosi” (come direbbe D. F. Wallace) che mostrano la profondità dell’abisso che si cela nell’essere umano, e la necessità di esplorarlo attraverso l’unica forma di conoscenza – forse fallimentare – che abbiamo a disposizione: l’arte, la letteratura, il teatro.
Alice Strazzi
in copertina: foto di Claudia Pajewski
ULTIMI CREPUSCOLI SULLA TERRA
liberamente ispirato all’opera letteraria di Roberto Bolaño
regia e drammaturgia Fabio Condemi
scene, drammaturgia dell’immagine, costumi Fabio Cherstich
con Anna Bisciari, Lorenzo Ciambrelli, Federico Fiochetti, Vincenzo Grassi, Sofia Panizzi, Eros Pascale
luci Paride Donatelli
disegno del suono Andrea Gianessi
assistente alla regia Andrea Lucchetta
assistente alla drammaturgia Vera Ortega
foto di scena Claudia Pajewski
si ringrazia Silvia Rigon per la consulenza teorica e drammaturgica
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico