La forma artistica della danza, nella sua natura performativa, è costituita da una trama di relazioni create dal dialogo tra i suoi elementi costitutivi, un luogo di confluenza tra i diversi media che la compongono. Nella danza si incontrano il linguaggio del corpo in movimento, il linguaggio visivo articolato tra le scelte dei costumi, della scenografia come strutturazione dello spazio performativo e del light design, infine il linguaggio sonoro che comprende musica, rumori, silenzio.
Rave.L. della compagnia Dejà Donné, coreografato da Virginia Spallarossa, è un’occasione per analizzare questo dispiegarsi di relazioni, unite nella percezione. La relazione portante di tutta la rete di dialoghi – evidente anche dal gioco di parole del titolo – è quella con la musica di Maurice Ravel. Ampliando la galassia di soluzioni possibili e superando la mera coesistenza di musica e danza, il movimento compare nel silenzio a evocare quelle partiture che ascolteremo solo in un secondo momento, da Ma Mère l’Oye alla postuma Sonata n.1 per violino e pianoforte. La scelta del patchwork musicale si rivela efficace e dipinge uno sfondo sonoro la cui coerenza è dovuta alla medesima atmosfera onirica, quell’effetto di incanto e sospensione del tempo di cui sono capaci alcune pagine del compositore francese. Le vertigini musicali sono così riflesse in una coreografia che abita la scena nella sua globalità, grazie al movimento degli arti e alla costruzione di volumi spaziali complessi e sottili, visibili solo attraverso le forme assunte dai performer. Esplorando la gravità e la sua sopensione, e sfidandola con orizzontalità estreme, i tre meravigliosi danzatori (Vittoria Franchina, Giuseppe Morello e Rafael Candela) tracciano relazioni spaziali in cui l’avvicinarsi o l’allontanarsi di uno provoca effetti motori sugli altri, come in una conversazione nella quale discorsi individuali generano risposte altrui. All’interno della conduzione di questi discorsi, il lavoro di Spallarossa fa emergere la musicalità propria al movimento, composto da transizioni tra gesti, tra performer, tra linguaggi.
In Rave.L. la danza abita un ambiente sempre diverso: alcune volte intravediamo soltanto, bagnate da una luce fioca, alcune sezioni del corpo dei danzatori, parzialmente celate dagli abiti e rivelate dalle loro trasparenze; altre volte il movimento dissipa una nube di fumo bianca attraversata dalle traiettorie dei corpi; altre volte ancora l’architettura dello spazio è tracciata soltanto dal dinamico light design (opera di Giacomo Gorini) in grado di costruire sempre nuove situazioni. Tutti gli elementi hanno la cura di concorrere a una stessa idea di sfocatura, che investe i sensi e fa perdere la concezione del tempo. È qui, forse, la dimensione del rave di questo Rave.L: una trance ininterrotta di movimento, musica, forme spaziali evanescenti come la luce e il fumo. Un viaggio nella direzione di un dissipamento completo, fino alla rarefazione di ogni cosa, al buio e al silenzio.
Il corpo in scena in questo lavoro possiede un suo tempo fisiologico e modifica la nostra percezione del tempo cronologico; costituisce uno spazio concreto e occupa quello intorno a sé agendo in esso, trasformandolo; e nell’apertura di questo spazio e di questo tempo incontra gli altri performer. La relazione coreomusicale, supportata dalla cura per la matericità e i volumi dello spazio scenico, vede qui una profonda integrazione dal punto di vista percettivo, nei colori delle atmosfere dipinte dagli effetti visivi, nei percorsi vorticosi della musica, nella ritmicità ipnotica del gesto che cambia di continuo. La scelta coreografica nell’accostamento di danza e musica non è la simultaneità: il movimento sembra sempre anticipare quanto espresso, in un significativo ritardo, dal suono; nel susseguirsi dei brani, frammentari come possono esserlo i sogni, abbiamo la percezione di una memoria non ancora realizzatasi. Un ricordo del futuro oppure un continuo ammaliante presente, come la musica di Ravel e come Rave.L.
Shahrzad M.
foto di copertina: ufficio stampa
RAVE.L.
coreografie Virginia Spallarossa
regia Gilles Toutevoix
luci Giacomo Gorini
con Vittoria Franchina, Giuseppe Morello e Rafael Candela
intervento di analisi sul processo creativo attraverso la prospettiva coreologica Claudia Monticone
musica Maurice Ravel
costumi Mirella Salvischiani
produzione Déjà Donné
con il sostegno di MIC