Dieci piccoli performer mostrano uno ad uno il proprio “cavallo di battaglia”. C’è chi ha forza nelle braccia, chi un’irresistibile voglia di saltare, chi la velocità nell’eseguire movimenti vorticosi. Poi, dopo questa presentazione, si schierano, pronti a a una sfida che forse è semplicemente un gioco. Si tengono per mano, in tensione, formando una catena e appropriandosi delle regole dello spazio e della gravità, per poi, un istante dopo, dividersi. Eccoli muoversi, gareggiare anche se, in questa corsa contro un tempo che manca, e diventa sempre più sottile (come ci ricorda una clessidra disegnata col gesso sullo sfondo) non ci sono davvero vincitori e vinti Simona Bertozzi con Agon Teens, cerca di tradurre in atto creativo il significato profondo della dimensione ludica, concentrandosi sull’agonismo come sana competizione ed esercizio determinato e incessante. L’ispirazione nasce da una riflessione sull’essenza del gioco come paradossale conquista del consenso comune attraverso la propria individualità. Un tema determinante, che ha portato alla messa in scena di una coreografia in levare: dall’esaltazione della propria singolarità alla condivisione dello spazio. Il gioco, infatti, è regola e libertà, consenso e ostinazione. Ha un momento di inizio e di fine, può essere ripetuto nel tempo e crea un ordine interno che domina gli spazi in cui è svolto. Al tempo stesso, sono importanti al suo interno la tensione che mette alla prova la forza dei corpi dei giocatori e, naturalmente, il piacere della competizione, l’agon appunto, cioè affrontarsi e collaborare, opporsi e misurare le reciproche abilità.
Sulla scena di Bertozzi è allora sempre presente il lavoro sulla dimensione del tocco, sul sentire il peso del proprio corpo in relazione a quello dell’altro. E non importa se gli interpreti non sono professionisti: in essi si intravede infatti tutto il potenziale artistico e, ancor prima umano. La fragilità e la potenza che esprimono nei movimenti permette loro di esplorare in maniera spontanea il “corpo a corpo”: nella vicinanza, nella lontananza e nell’adiacenza, vanno alla scoperta dell’agonismo che è dentro di loro, inconsapevoli di averlo. Simona è allora pronta a responsabilizzarli a dar loro una direzione: “la regola serve per essere liberi”, per relazionarsi con gli altri. Un insegnamento che va oltre la danza e servirà ai suoi giovanissimi allievi, innanzitutto, come esseri umani alle prese con la crescita nel mondo. E così alla fine, senza fiato ma sorridenti, vincono tutti.
Rebecca Grassi
ph: Luca Del Pia
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