Un passato ingombrante e traumatico si rivela osservando Piazza Monte Grappa, nel pieno centro storico di Varese, con le sue architetture fasciste e severe che la incorniciano e inquadrano lo sguardo. È per questo motivo che Stefano Beghi, ideatore e regista di Pugni e biciclette redux, sceglie questo luogo come punto di partenza di uno spettacolo itinerante. I partecipanti seguono le indicazioni di una voce guida attraverso un paio di cuffie, necessarie anche a isolarsi dai suoni e dalle attività che animano il centro cittadino in un qualsiasi pomeriggio domenicale. In piazza gli spettatori sono invitati a prendere consapevolezza dello spazio in cui si trovano e, disposti in cerchio, sono stimolati a mettere da parte timidezze e reticenze e a interagire tra loro come membri di un gruppo, non più come singoli individui radunatisi lì per coincidenza.

Improvvisamente, un giovane dallo sguardo sfuggente e allarmato irrompe all’interno del cerchio, mentre la voce narrante ne rivela l’identità: è il partigiano René Vanetti (interpretato da Riccardo Trovato), figura fondamentale della resistenza partigiana attiva nella città di Varese durante gli anni Quaranta. Così, i partecipanti sono catapultati nel 1944, in piena occupazione nazista, e si ritrovano immersi nelle vicende che hanno coinvolto la città lombarda in quegli anni. Gli spettatori rivivono eventi solo apparentemente distanti, e che hanno tuttavia segnato e plasmato profondamente questi luoghi; il loro compito è adesso cercare di mettere in atto una strategia che consenta di difendere efficacemente la città e suoi abitanti. E così Varese cambia continuamente forma con il procedere della performance: lo sguardo di chi osserva non può rimanere neutro, l’esperienza percettiva deposita strati di senso nuovi e differenti sullo spazio circostante.

foto: Giacomo Vanetti

Il percorso tracciato da René guida il gruppo attraverso gli spazi cittadini che hanno avuto un ruolo significativo nel corso della lotta partigiana: vie, incroci, piazze e cortili residenziali, luoghi dell’odierna vita quotidiana, appaiono ai partecipanti filtrati dai ricordi di Vanetti. La memoria del giovane rievoca figure fondamentali della Resistenza varesina, sembra quasi di vederle muoversi e abitare queste strade.

Attraversando la città, la performance è in grado di creare interessanti connessioni tra la vicenda narrata e l’oggi, riversandosi direttamente in ciò che accade nella quotidianità cittadina. Dopo essersi fermato nei pressi di un incrocio, il giovane partigiano chiede al gruppo di iniziare a interrogarsi sulla differenza tra immobilismo e cambiamento, tra passività e azione. Questa domanda assume d’improvviso una valenza concreta: accanto ai partecipanti si ritrovano casualmente un padre e un figlio, seduti su una panchina a mangiare un gelato, guardano perplessi ciò che accade intorno a loro, e sembrano anch’essi coinvolti e toccati dall’interrogativo posto da Vanetti. Forse hanno scelto di non agire, di non partecipare alla presa di posizione che invece è richiesta al gruppo. Si ha così la sensazione che davvero Pugni e biciclette redux possa generare un’onda di cambiamento capace di propagare intorno a sé una trasformazione di quei luoghi e quelle vite che, anche solo casualmente, riesce a toccare.

foto: Giacomo Vanetti

Anche la voce narrante progressivamente pone i partecipanti di fronte a una scelta radicale e fondamentale: agire per mettere in atto un cambiamento oppure cercare di resistere in silenzio e nell’ombra? Dietro questo interrogativo non si cela tuttavia alcun giudizio. Emerge solo l’esistenza di una duplice modalità di azione nell’ottica di una lotta per la libertà. Per tutta la durata della performance ognuno è continuamente posto nella condizione di immedesimarsi nelle vicende raccontate, fino al punto di doversi interrogare su dilemmi etici e politici. Pugni e biciclette redux indaga la postura politica e decisionale di ciascun fruitore, e mostra con chiarezza quanto scegliere di non intervenire, sottrarsi allo scontro esplicito equivalga sempre al prendere una posizione.

Sollecitato dalle indicazioni ricevute in cuffia, il gruppo è costretto a dividersi: per chi sceglie di rimanere ad aiutare la cittadinanza senza esporsi, il percorso della lotta – e quindi quello dello spettacolo – si interrompe, per coloro che invece decidono di esporsi apertamente e di agire per combattere l’occupazione nazista, la performance e il cammino procedono attraverso i bellissimi Giardini estensi.

Qui lo scenario si fa più drammatico: un attacco nemico costringe i partigiani a cercare riparo. Nella parte superiore dei Giardini si trova un rifugio antiaereo costruito a Varese negli anni del conflitto mondiale e aperto al pubblico, eccezionalmente, in occasione di questa performance. I partecipanti si ritrovano così al sicuro, dopo aver messo in salvo buona parte della popolazione cittadina. René Vanetti ricorda i nomi di chi non è riuscito a salvare e di quelli che, come lui, hanno perso la vita, aggrappati alla volontà di difendere strenuamente l’ideale della libertà. Qualche spettatore si commuove: per gli abitanti di Varese le persone citate sono parte di una comunità sentita e vicina, in molti casi sono parenti conosciuti direttamente o anche solo per sentito dire. Ancora una volta gli avvenimenti passati si incontrano con il tempo presente, nella memoria collettiva che appartiene agli abitanti e ai luoghi di questa città.

Alice Strazzi


foto di copertina: Giacomo Vanetti

PUGNI E BICICLETTE REDUX
di Stefano Beghi
regia Stefano Beghi
con Riccardo Trovato


Questo contenuto è parte dell’osservatorio dedicato al progetto En Plein Air.