Come sempre, il Festival delle Colline offre al pubblico una triplice occasione: recuperare qualche ottimo nome nostrano che non si è ancora avuto occasione di vedere alla prova (Deflorian/Tagliarini, Sotterraneo); trovare in prima nazionale debutti promettenti (Leonardo Lidi, Ballata dei Lenna); aggiornarsi sulle voci internazionali che stanno facendo scuola.
Nell’edizione 2019 approda sotto i riflettori la vivace scena catalana, qui rappresentata da due realtà molto differenti tra loro, ma accomunate dalla predisposizione all’ironia e alla sperimentazione formale: Agrupación Señor Serrano e El Conde de Torrefiel. Preparati, aperti alla contaminazione e politicamente consapevoli, i due collettivi amano scandagliare attraverso il paradosso le contraddizioni della realtà in cui siamo immersi. In questa prospettiva va letto anche La Plaza, firmato da Tanya Beyeler e Pablo Gisbert, che conferma la capacità de El Conde di giocare su distopie amare e ironiche, che attingono a piene mani alla cronaca recente per cambiarla radicalmente di segno.

Questa volta, il punto di partenza (fittizio) è una performance che dura un intero anno solare in diverse città del mondo: non accade nulla, c’è solo un’enorme e immobile distesa floreale illuminata da candele funebri che resta accesa per 365 giorni. L’incipit — che certo guarda con sarcasmo alla recente moda delle maratone e delle lunghe durate teatrali — serve a El Conde per dettare le regole di comunicazione con lo spettatore: uno spettatore che è dunque allo stesso tempo quello de La Plaza e quello della performance fittizia raccontata dalla drammaturgia. A guidare il pubblico (come già nel precedente Guerrilla) sono lunghissime didascalie proiettate sopra la scatola nera. Si rivolgono al lettore dandogli del tu, dettandogli riflessioni e stati d’animo (“mentre sei lì seduto, pensi che…”), accompagnandolo nei suoi movimenti virtuali (“esci da teatro…”) come in un coltissimo libro-game. La colorata immagine di apertura, rapidamente, si trasforma: ora rappresenta la piazza di una città europea, dove figure ambigue dai volti coperti sembrano trascorrere una giornata come le altre tra food delivery e passeggini. È lo sguardo dello spettatore a essere straniero, un occhio che (forse reso più sensibile dalla precedente esperienza performativa?) passa in rassegna la quotidianità cercando dissonanze e incongruenze.
Gisbert, che firma la drammaturgia, è bravo a creare tra la parola proiettata e la calligrafia delle immagini una costante sfasatura, che invita al dubbio e a un radicale ripensamento della definizione di “didascalia”. I tableaux silenti, creati con notevole rigore estetico, vengono costantemente contraddetti, arricchiti, posti in contrappunto dalle lunghe e dense sezioni di testo.

Gisbert mescola con sapienza fonti filosofiche e immaginario pop, creando un dettato alto ma profondamente contemporaneo. Alcuni riferimenti, come Black Mirror, sono dichiarati da El Conde: alla celebre serie TV il gruppo catalano deve il gusto per la distopia misurata, che disegna futuri assurdi ma non impossibili (ne La Plaza si parla di governi guidati da grandi multinazionali europee, come Bayer o Ferrero). Altri modelli si stagliano in controluce: tra questi, la letteratura nera di Michel Houellebecq sembra permeare la drammaturgia (delle assonanze tra il gruppo e l’autore francese ha già scritto Attilio Scarpellini). Guardando il palco, dove le donne camminano tutte con il capo coperto da veli, pare di riconoscere gli scenari di trionfo dell’Islam descritti in Sottomissione: e sarà un caso che l’unica testa scoperta sia di una rider Deliveroo, cioè di una appartenente al nuovo sub-proletariato? Si sente risuonare con forza in tutto lo spettacolo — ed è questo il suo punto di forza — un angoscioso allarme per quell’illusione capitalistica “di libertà individuale, di vita aperta, di infinità dei possibili” che anima anche l’ultimo libro di Houellebecq, Serotonina. Chi si lascia ammaliare finisce per venire distrutto. Ed ecco allora campeggiare un cadavere nudo al centro della scena — dall’estetica fredda, potente, purissima à la Angelica Liddell. Quel corpo siamo noi: schiacciati, proprio come il Florent-Claude di Serotonina da una giostra che pensavamo di dominare.

Maddalena Giovannelli


La Plaza
di Pablo Gisbert
regia Tanya Beyeler and Pablo Gisbert
Ideazione El Conde de Torrefiel
visto al Teatro Astra di Torino in occasione del Festival delle Colline Torinesi_20-21 giugno 2019