di William Shakespeare
regia di Giuseppe Massa
visto al Teatro i di Milano_8-13 Maggio 2013
Atto IV, scena IV, Riccardo III di Shakespeare.
Tre donne – Margherita, anziana vedova di re Enrico VI, Anna Neville, duchessa di York, Elisabetta, vedova di Re Edoardo IV – che hanno visto il potere da vicino nelle mani dei loro figli e mariti, ora assistono impotenti allo spettacolo di Riccardo, il deforme, che strappa ai loro cari la vita e, insieme ad essa, il testimone del comando.
Attraverso violenze, astuzie e soprusi di ogni genere Riccardo III ascende al trono.
Appare chiaro fin dal titolo che Richard III (overu la nascita du novu putiri) fa della commistione il suo biglietto da visita; e se si volesse procedere oltre nel cercare un’immagine che ben ne riassuma lo spirito sarebbe quella del crocevia, dell’incrocio di strade. Lo spettacolo è infatti il risultato di una triplice collaborazione, tutta siciliana, che vede uniti gli sforzi di Associazione Bogotà, Sutta Scupa e Nostra Signora c.c.d. (centrale di creazione diffusa). A fare da portavoce sul palco c’è un’unica attrice, Simona Malato (nota alle cronache teatrali soprattutto per la sua performance in M’Palermu di Emma Dante e, a quelle cinematografiche, per aver partecipato a Baaria di Giuseppe Tornatore): a lei l’onere di interpretare tutti i personaggi della vicenda.
Il testo di Shakespeare conserva solo nell’intestazione l’inglese originale, mentre, per il resto, è stato tradotto interamente in siciliano dallo stesso regista, Giuseppe Massa, che mette a disposizione del pubblico meno avvezzo al dialetto dei sovratitoli in italiano. Il nesso tra Shakespeare e la Sicilia è meno anomalo di quanto si potrebbe pensare: il professor Martino Iuvara dell’università di Palermo e testate di rilievo come il Times hanno dato un forte credito all’ipotesi che il Bardo fosse di origini trinacrine. A prescindere da ogni dissertazione in merito, quel che è certo è che l’espressività del siciliano ben si adatta al multiforme linguaggio shakespeariano, poetico e ricercato non meno che secco e colorito.
Massa e Malato cercano di sfruttare senza troppi indugi l’espediente, cosicché quando Riccardo sbotta in ripetute esternazioni di disappunto, “minchia, minchia, minchia!”, le labbra dello spettatore si increspano inevitabilmente in un sottile sorriso.
Del resto, l’inclinazione con cui si sceglie di rappresentare Riccardo è quella di una faceta commedia grottesca, atmosfera più vicina all’opera dei pupi che al dramma tragico. In questa ulteriore contaminazione il crudele duca di Gloucester è portato in scena attraverso una maschera fortemente caricaturale che la Malato si sistema sulla nuca, dando vita a un Riccardo-marionetta che si aggira tra gli specchi della scenografia con movimenti innaturali e disarticolati.
L’intento è, dichiaratamente, quello di rappresentare un Riccardo III che sia in qualche modo emanazione rovesciata dei personaggi femminili della scena IV: da una parte ricettacolo di ogni vizio che deriva dal potere corrotto, dall’altra ambasciatore di una visione antagonista all’universo muliebre, percepito dal tiranno prettamente in chiave strumental-mercificata.
Benché ragionata, l’operazione tuttavia risulta sbilanciata: appiattendo il personaggio di Riccardo e defraudandolo dello spessore della sua grandiosa malvagità, si rinuncia a uno dei punti cardine dell’opera di Shakespeare, senza però fornire una controparte adeguata sul versante dei ruoli femminili, relegati all’ufficio di comprimari più che a quello di personaggi a tutto tondo. Così Elisabetta si arrende alla volontà di Riccardo senza nemmeno l’attenuante di cedere ad un uomo dall’invincibile fascino oscuro: la sottomissione al marchiano prepotente pare avvenire esclusivamente per mere esigenze di copione. L’ energica interpretazione della Malato appare appesantita dai continui cambi di personaggio, lasciati scoperti da una regia troppo esile che non ne stempera a sufficienza la meccanicità.
A margine alcune scelte poco felici: il balletto di Riccardo su ‘cavalcata metal’ nulla aggiunge all’espressività del personaggio e altrettanto futili paiono poi la scorribanda in mezzo al pubblico e la raffigurazione/attualizzazione che denuncia l’espandersi del modus operandi di Riccardo in seno alle potenze mondiali.
Alla ricerca di una rilettura stimolante dell’opera di Shakespeare, Richard III (overu la nascita du novu putiri) sembra aver perso la bussola e aver scelto una deviazione sbagliata. Forse, al prossimo crocicchio, ritroverà la sua strada.
Corrado Rovida