La porta viene chiusa, si inizia, scende il silenzio. In un’aula del Centro di Formazione Aida ventinove ragazzi hanno l’opportunità di seguire una lezione con due insegnanti d’eccezione: Marta Ciappina e Viola Scaglione. La lezione comincia con una pratica di movimento per sciogliere il corpo e prepararlo alla lezione, durante la quale Ciappina trasforma il gruppo in un corpo solo grazie a una semplice indicazione: «il respiro è il vostro compagno di viaggio». La danzatrice guida gli allievi con parole immersive, che li avvicinano al mondo della natura, così da recuperare un legame perduto con questa e tornare a una spontaneità dei gesti. Attraverso la visualizzazione del sole, l’immagine rievocata di un cielo stellato, il contatto con la terra e il richiamo di un terremoto, gli studenti raggiungono, aggrappandosi ai concetti, una condizione quasi meditativa. Una volta stabilita la relazione con il proprio corpo, i partecipanti eseguono una breve coreografia, sotto la guida e i suggerimenti di Ciappina, che illustra come la spinta debba agire nel corpo. 

Nella seconda parte della masterclass interviene Viola Scaglione, direttrice artistica del Balletto Teatro di Torino e danzatrice, che propone ai partecipanti una serie di task simili a quelli utilizzati nel processo creativo alla base di Alle(d)anze per Sista, la coreografia – firmata da Simona Bertozzi e interpretata dalle stesse Ciappina e Scaglione – che sarebbe andata in scena la sera stessa per il festival MilanOltre. In questo caso il lavoro consiste nel rievocare la sensazione del contatto: gli allievi si dividono in coppie, all’interno delle quali un partecipante dirige il corpo dell’altro con le mani, e il partner risponde agli stimoli. Ognuno reagisce secondo la propria sensibilità: c’è chi fugge, chi gioca con l’equilibrio, qualcuno pone resistenza. L’indicazione di Scaglione è quella di realizzare un “passaggio di DNA”: come se il semplice contatto possa produrre un flusso, che tuttavia non mina l’indipendenza tra i due corpi coinvolti. Il secondo task implica la sola immaginazione del contatto, consistendo nel rievocare la memoria della sensazione. Si crea così una passerella di corpi fragili o decisi, nella quale i piedi a contatto con il suolo rivestono la funzione degli occhi.

La lezione si conclude in cerchio, all’interno del quale ciascuno interpreta, improvvisando, le impressioni assimilate durante queste ore di lezione. Sconfitto un po’ di timore iniziale, a piccoli gruppi gli allievi si presentano, al centro del palco immaginario, in questo loro personalissimo spettacolo riassuntivo. Molti recuperano alcune sequenze della coreografia proposta da Ciappina, altri riattivano la memoria della sensazione tattile dell’altro. Tra silenzio e musica, si affidano a un ritmo interiore ben definito.

E per concludere, tutti gli allievi schierati avanzano a passi decisi verso lo specchio, si avvicinano restando a un palmo da questo, si guardano, c’è imbarazzo, e poi, sotto alla mascherina che hanno tenuto per tutte le ore della lezione, sorridono al proprio riflesso: solo gli occhi restano scoperti, in uno sguardo che è di ringraziamento verso loro stessi. E in un applauso si scioglie così il religioso silenzio che si era creato in queste ore di immersione nel corpo.

Valeria Gail Coscia


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview