Lo spettacolo Au bord, in scena il 2 e 3 dicembre 2022 al teatro Foce di Lugano, come un pugno allo stomaco ci ricorda un’atrocità della storia recente: le torture subite dai prigionieri del carcere di Abu Ghraib per mano dei soldati americani, emerse nell’aprile del 2004 grazie alla pubblicazione di alcune fotografie. Gli orrori e le violenze di cui è capace l’uomo, da quando esiste, si ripetono senza tregua. Proviamo allora a uscire dalla storia e a chiederci cosa sarebbe accaduto se si fosse intervenuti più “duramente” al termine della Seconda Guerra Mondiale, dopo che Auschwitz fu rivelata al mondo?

Il 27 ottobre 1949, grazie alla pressione degli stati europei e degli USA, che all’unanimità interdicono i campi di lavoro, di concentramento e di sterminio, Stalin viene costretto a chiudere l’ultimo gulag e a dimettersi. Al suo posto viene eletto Dimitri Majakovskij, figlio dell’illustre poeta, le cui idee socialiste si basano sulla tolleranza e sulla pace.

Nel maggio del 2004, dopo che il 28 aprile dello stesso anno sono stati resi pubblici gli abusi e le torture perpetrati dai soldati americani sui prigionieri del carcere di Abu Ghraib, il presidente russo Mir – a capo della commissione per i diritti dell’uomo – si appella all’immoralità e alle incoerenze politiche degli USA, convincendo gli altri stati a firmare una serie di misure che nel giro di pochi mesi ne mettono in ginocchio l’economia bellica.

Il 25 febbraio 2022 il presidente russo Mir si reca a Kiev per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, al fine di rinnovare la loro alleanza e discutere la delicata situazione degli USA, dove – come cent’anni addietro – è scoppiata una guerra per i diritti civili. Decidono quindi di mandare una delegazione per vigilare sulla costituzione di un nuovo governo, più equo e giusto.

Andrea Mazzoni


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