Col corpo capisco #1
COMPAGNIA ADRIANA BORRIELLO

Tre corpi che si guardano l’un l’altro compiono gesti semplici, quotidiani, che chiunque sarebbe in grado di fare: raccogliere qualcosa da terra o mettere in ordine dei vestiti. Tre corpi che camminano in una stanza e poi, di colpo, ecco una sospensione; e poi un’altra, ora più lunga, e poi un’altra ancora: gesti congelati per qualche istante, arti immobilizzati per una manciata di secondi. È quello che basta perché lo spettatore si soffermi a riflettere sulle potenzialità del nostro corpo, su quanto esso possa essere flessibile e aggraziato e quanto, allo stesso tempo, esso ci sveli la sua meccanicità.

Tre corpi che improvvisamente assurgono a una dimensione universale, diventando quasi un unico ente che vive e respira. Eppure non è che una semplice macchina, fatta di tanti pezzi uniti tra loro, che reagisce alle sostanze con cui si trova a contatto e che, in base ad esse, cambia forma. Sono corpi che si rivelano agli occhi dello spettatore in tutta la loro forza, in una potenza dirompente che stupisce e affascina, per poi ricadere nell’estremo opposto; sono in realtà estremamente fragili, malleabili, nient’altro che marionette nelle mani di un burattinaio, robot di carne e di sangue con cui il coreografo gioca. È in quest’ottica che si riesce a dare completa risonanza a ogni singolo gesto, in un turbinio che illumina lo spettro infinito delle possibilità creative dei nostri corpi, sfruttabili in quanto oggetti vivi e reattivi. I tre corpi possono allora fondersi in uno solo, sempre più libero di sperimentare, di creare, a livello fisico e sensoriale. Adriana Borriello ci accompagna in questo viaggio tenendoci per mano, come fa con le sue due danzatrici, calandoci nei differenti ambienti di una musica sempre diversa, che diventa onomatopea di un testo in continua evoluzione, sempre all’inseguimento dell’istinto del movimento, del gesto portato all’estremo.

Veronica Heltai

 

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView