Tra la fine del Medioevo e il tardo Rinascimento si direbbe che una specie di malattia si sia diffusa in tutta Italia, soprattutto fra la nobiltà: la noia.  Gli aristocratici italici della seconda metà del XV secolo, dopo aver conosciuto l’accidia che attanagliava il Petrarca o la malinconia che visitava Dante, hanno così dovuto imparare a “schifare la noia”. Naturalmente anche nella danza! «Un vero e proprio percorso paideutico»,  ci spiega Alessandro Pontremoli, docente di Discipline dello Spettacolo presso l’Università di Torino, durante l’incontro “Danzare la storia”. Un processo molto simile a quello cui viene iniziato il pubblico di questa lezione tutt’altro che  accademica: gli astanti sono infatti invitati a danzare in prima persona sulle note di antiche musiche cortigiane, sotto la guida dei danzatori della compagnia “Il Leoncello”, vestiti, a onor di mimesi, in abiti tipici secondo le mode dell’epoca. Una dimostrazione pratica di ciò che accadeva al pubblico delle corti che, per non cadere nel tedio  quotidiano, assisteva alle “performance” non dalla platea ma dallo spazio condiviso con i “coreuti”, pronto ad essere coinvolto nella danza da un momento all’altro. Questo imprevedibile dinamismo con gli spettatori è la cifra identificativa di tutti i tipi di danza fra quattro e cinquecento. Pontremoli continua con la sua dissertazione “animata” spiegandoci le differenze nella concezione della danza fra Umanesimo e Rinascimento  attraverso i generi di ballo messi in scena.

Il minimalismo del XV secolo, per esempio, in cui prevaleva una dimensione analitica del movimento, è ben reso da un tipo di  danza spiraliforme durante la quale il pubblico, tenendosi per mano, si muove sinuosamente “a serpentone” intorno al palco, con “accoppiamenti” via via diversi.  Nel XVI secolo, invece, la nuova visione geometrica e squadrata del mondo esige una standardizzazione dei generi di danza. Così anche il ruolo maschile e quello femminile rispondono ad azioni coreutiche ben diverse. Nella “pavana” per esempio (una danza “d’ingresso in sala” molto solenne) i danzatori ballano a coppie sul palco in una specie di processione, fino a tornare sui loro stessi passi dando le spalle alla platea. Spesso a questo ballo seguiva la “gagliarda”, un genere di danza di corteggiamento, molto atletica ed energica, in cui i danzatori si esibivano di fronte al partner con saltelli e mosse vivaci. Allo stesso modo, in maniera energica e inattesa, anche gli spettatori del ventunesimo secolo sono catapultati nel mondo delle corti rinascimentali, un mondo in cui forse avremmo visto Lucrezia ed Eleonora d’Este ballare in coppia la “gagliarda” scambiandosi Torquato Tasso.

Laura Cassinelli e Lucrezia Tavella


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