Che cosa racconta, secondo te, lo spettacolo?
Una storia d’amore tra due individui bizzarri, che si sviluppa tra alti e bassi: gli stessi che caratterizzano qualsiasi relazione.

Barbara, 19 anni, danzatrice

A volte ci sono spettacoli che cercano di essere molto mimetici, ma a cui inizi a credere solo dopo molto tempo. In questo caso, in cinquanta minuti di spettacolo, due creature fuori dall’umano riescono a farti vivere la più vera delle storie d’amore, la sublimazione di un sentimento.

Riccardo, 35 anni, scenografo

Quali differenze hai notato tra i due protagonisti?
Nessuna: erano entrambi vittima e carnefice, come accade sempre tra uomo e donna. Nella prima parte era l’uomo dominante, poi però lei, da amante avviluppata nelle catene d’amore, diventava mantide. Prima lo vuole baciare, poi lo ammazza!

Francesca, 38 anni, giornalista

Lui mi è sembrato più umano rispetto a lei, che sembrava invece una creatura selvaggia, quasi aliena. Entrambi avevano le loro specificità, ma lei era l’elemento istintivo, impulsivo, mentre lui rappresentava l’uomo menefreghista. Entrambi volevano affermare loro stessi, la propria identità, ma anche mettersi al servizio dell’altro: ognuno aveva il proprio modo di muoversi e il proprio passo, eppure insieme ballavano in perfetta armonia.

Christian, 29 anni, musicista

C’è un elemento dello spettacolo che hai particolarmente apprezzato? 
L’uso delle parole delle canzoni: venivano proiettate sul corpo dei danzatori in modo che avessero forme diverse ogni volta, a seconda delle posizioni e degli stati d’animo che comunicavano.

Sofia, 22 anni, danzatrice

Le luci erano come flash che immortalavano i pro e dei contro della relazione dei protagonisti: una relazione che a volte era fluidissima, a volte così tesa che si percepiva un certo attrito. Il tutto reso con semplici momenti in cui i danzatori si bloccavano in posizioni complementari.

Nelly, 60 anni, dirigente

Ho apprezzato che le luci e musiche siano state usate in maniera teatrale, senza però esagerare: erano estremamente funzionali e riuscivano perfettamente a proiettare all’esterno il mondo interiore dei due personaggi.

Riccardo, 35 anni, scenografo

La scena che hai preferito? 
Quando lei era in catene: sembrava che cercasse di annodarsi e liberarsi allo stesso tempo in un gioco senza tregua. L’ho trovata una buona rappresentazione anche del punto di vista del protagonista maschile: il momento dell’innamoramento visto come una caccia, in cui la preda cade in trappola.

Rita, 42 anni, impiegata

Erano tutte molto intense e legate indissolubilmente l’una all’altra, quindi è difficile scegliere Forse direi quando i due hanno iniziato a litigare danzando, dopo che lui le ha rifiutato il bacio: ho apprezzato che dalla violenza si creasse anche il momento della riconciliazione.

Elisabetta, 37, osteopata

A cura di Lidia Melegoni

Me So You So Me
regia David Raymond, Tiffany Tregathen
ideazione e interpreti David Raymond, Tiffany Tregarthen
Visto a MilanOltre il 14 ottobre 2017.

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView